Sandra Bland, l'attivista afroamericana morta tre giorni dopo l'arresto
Negli Stati Uniti si parla molto di Sandra Bland, l'attivista afroamericana morta in una cella in Texas tre giorni dopo essere stata arrestata per resistenza alla polizia che l'aveva fermata per un'infrazione in strada. L'autopsia dice suicidio, la famiglia chiede chiarezza.
Di Sandra Bland parlano in tanti, negli States. Perché Sandra Bland era un'attivista afroamericana, perché è morta a 28 anni, in una cella in Texas, tre giorni dopo essere stata arrestata per non aver messo la freccia con la sua automobile e aver reagito all’agente che le aveva chiesto di scendere. La versione ufficiale racconta che la giovane afroamericana si sia suicidata in cella, con un sacchetto di nailon. Ma la famiglia chiede che si faccia più chiarezza. Il tema scotta nel paese dove i trattamenti della polizia nei confronti dei neri hanno portato la tensione ai massimi nell’estate del 2014 dopo i fatti di Ferguson, nel Missouri.
Tutto ha inizio il 10 luglio quando l’agente di polizia Brian Encinia ferma nei pressi di Prairie View, nell’area metropolitana di Houston, la giovane originaria di Chicago, che in Texas si era appena trasferita perché avrebbe presto iniziato un nuovo lavoro come tutor presso un’associazione di studenti della Prairie View A&M University, a servizio delle minoranze. La scena è registrata da una camera montata sul cruscotto dell’auto della polizia: come mostra il video in un primo momento i toni sono garbati. Il poliziotto chiede i documenti, comunica la sanzione, si allontana, torna.
Sandra Bland s’innervosisce, fuma una sigaretta, il poliziotto torna e le chiede di spegnerla. Sandra non ci sta: “sono nella mia aiuto: perché dovrei spegnere la mia sigaretta?”. L’agente Encinia chiede a Bland di scendere dall’auto, la giovane donna si rifiuta, la richiesta non ha nessuna base, è illegittima, sostiene. Encinia la tira fuori di peso, Bland resiste, l’agente la minaccia con il taser.
A terra Bland viene ammanettata, si lamenta, Encinia riceve i rinforzi di un collega mentre Bland lo accusa di averle tenuto “la testa a terra” aggiungendo poi “ho l’epilessia, figlio di puttana”. L’agente si giustifica: “ha iniziato a strattonarmi, poi mi ha dato un calcio, quindi l’ho messa a terra”. L’arresto avviene fuori dall’auto quindi fuori dal campo della videocamera.
Dalla strada Bland finisce nella prigione di Waller County, accusata di aver aggredito l’agente di polizia Encinia. Morirà tre giorni dopo, in attesa di essere sentita da un giudice, in circostanze ancora da chiarire. Gli esami preliminari dell’autopsia hanno confermato il soffocamento con il sacchetto di nailon ma i legali della famiglia Bland hanno richiesto altri esami in merito.
Dal canto suo, la polizia ha diffuso un video che mostra i 90 minuti precedenti alla morte di Sandra per dimostrare che in cella non è entrato nessuno. Il fatto è che nelle immagini si vede solo un corridoio di accesso e qualcuno ha già messo in dubbio l’autenticità del video. A indagare ora si è messo l’Fbi ma amici e parenti di Sara hanno già lanciato una petizione su Change.org per chiedere al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di approfondire la vicenda. Il suicidio infatti, sembra un’ipotesi remota, viste le prospettive di Sara. Tuttavia, in passato, pare avesse sofferto di depressione e di un disturbo post traumatico da stress: nei documenti della registrazione dell’arresto è citato un tentativo di suicidio, quando Bland scoprì di avere perso un bambino.
Copyright foto: Twitter@R.I.P. Sandra Bland
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