Si uccide Paula Cooper, il simbolo della lotta alla pena di morte

Morta, forse suicida, Paula Cooper, anche se morta dentro lo era già da chissà quanto tempo. Aveva solo 15 anni quando insieme ad altri due ragazzini trasformò la rapina ai danni di Ruth Pelke, un’anziana insegnante di religione, in un omicidio. A decidere di uccidere con 33 fendenti la 78enne, stabilirono i giudici dell’Indiana, fu lei. E in quello stato, bastava avere 10 anni per finire nel braccio della morte. Paula fu la più giovane a metterci piede. Era il 1986. 

Il mondo s’indignò, l’allora Papa Giovanni Paolo II chiese la grazia, il Partito radicale italiano fondò il movimento Non uccidere, gli esponenti Ivan Novelli, Paolo Pietrosanti e Germano Greganti raccolsero due milioni di firme, le portarono alle Nazioni Unite e implorarono clemenza. Il miracolo avvenne, Paula fu graziata ma forse, non è bastato a liberarla dal peso che la mattina del 27 maggio 2015, a 45 anni, le ha dato la forza per spararsi un colpo alla testa, anche se gli inquirenti sono al lavoro per accertare che si tratti di suicidio.

Paula trascorse tre anni nel braccio della morte. Dopo le pressioni da tutto il mondo la condanna fu prima commutata in 60 anni di reclusione e poi ridotta a 27 anni. Nel 2013 Paula uscì di prigione, era di nuovo libera. Una libertà forse troppo pesante per Paula che due anni dopo, se tutto sarà confermato, non aveva più la forza di vivere.