Tecnostress: è un male che costa caro (anche all'economia)

Tecnostress: un lavoratore digitale su due ne soffre, ridurlo potrebbe far risparmiare 3 miliardi di euro. I disturbi più frequenti: mal di testa, ansia, ipertensione, insonnia e depressione. Il rimedio più efficace è staccare la spina (ma non troppo).  


Un lavoratore digitale su due soffre di tecnostress.


La tecnologia logora chi la usa troppo, chi la usa male, chi la usa poco e anche chi non la usa affatto. Insomma, il computer (nelle forme più disparate) è entrato a pieno regime nella nostra vita: ora scopriamo che può causare mal di testa, ansia, ipertensione, insonnia, depressione, disturbi alla memoria e attacchi di panico. Ovvero, i sintomi più diffusi del tecnostress, il male della nostra epoca. Malattia professionale per i lavoratori digitali - quasi uno su due sembra ne soffra -, malattia del quotidiano per chi si limita a una vita normalmente digitale: cioé tutti gli altri.
 
La onlus Netdipendenza ha dedicato all’argomento una ricerca, anticipata dall’agenzia Adnkronos. Alla stesura del dossier, che raccoglie le opinioni di un campione di 1.009 mobile workers, ha partecipato l'Associazione italiana formatori salute e sicurezza sul lavoro (Aifos). Da un lato c’è lo stress da stimolo eccessivo, dovuto al bombardamento di informazioni che arrivano contemporaneamente attraverso messaggini, chat, email e chiamate in videoconferenza, mentre dall’altra parte continua ad esserci un cervello solo. All’estremo opposto, lo stress dello stimolo interrotto. Il computer - o il telefono, o il tablet - si inchioda, si impalla, si chiude inaspettatamente, va in crash, muore, non trova la rete, non riconosce la password, si rifiuta di loggarsi: la varietà dell’universo semantico è lo specchio della varietà di malesseri che si porta dietro. 

Al lavoro, dove crea conflitti e incomprensioni con i capi, i colleghi e i subordinati. E a casa, tra uomini inferociti alle prese con installazioni e forum ripara-tutto e donne bistrattate dai medesimi, che non potendosi sfogare con le soluzioni online che non funzionano dirottano la loro ira nel focolare domestico. In questo, lo sbarco del pc nella famiglia italiana ricorda da vicino quello dell’automobile, nei mitici Anni Sessanta. Per tacere dei consulti pomeridiani (che siano coniuge-coniuge o genitori-figli: non va, non parte, non funziona, non riesco).
 
Per ora la legge si occupa degli ambienti di lavoro: il tecnostress è entrato nei nostri codici nel 2007, dopo una sentenza della Procura di Torino. Tanto per cominciare, quasi nove lavoratori su dieci coinvolti nella ricerca di Netdipendenza ha dichiarato che la mole di informazioni da gestire sul lavoro nell’era tecnologica aumenta a ritmi da capogiro. C’è poi il problema che lo smartphone e la tavoletta ci seguono dappertutto e non si stacca mai la spina: le email professionali ci seguono anche nel letto, la sera tardi (succede al 65% degli interpellati), o nel week end (nel 90% dei casi). Alzi la mano chi non ha bruciato mezzo barbecue per controllare le rimostranze di un cliente importante. Al contrario, si può morire d’imbarazzo durante una riunione di lavoro perché il compagno/compagna di turno ci sta mitragliando di messaggi infuriati mentre sediamo accanto al responsabile dell’ufficio. 

Così l’87 per cento del campione dice di avere problemi di affaticamento mentale da ipertecnologia: tra questi c’è un 8 per cento che lamenta problemi gravi e un 36 per cento che invece ne ha di occasionali. Riducendolo, in Italia si potrebbero recuperare 30 milioni di giornate lavorative perse per malattia: in soldoni, 3 miliardi di euro l'anno. È la stima fatta dalla Federazione di Asl e ospedali (Fiaso) ipotizzando che tutti i settori lavorativi adattino gli interventi anti-stress che nelle Asl e negli ospedali campione hanno già portato a una riduzione del 30% delle giornate di malattia.
 
La classifica dei sintomi vede al primo posto il mal di testa (44,5%), seguito dal calo della concentrazione (35,4), poi il nervosismo e l’alterazione dell’umore (33,8). Meno frequenti, via via, le tensioni neuromuscolari (28,5%), la stanchezza cronica (23,3), l’insonnia (22,9), e ancora l’ansia (20,4), i disturbi gastro-intestinali (15,8), le dermatiti (6,9%). Ci sono addirittura gli attacchi di panico (2,6%) e la depressione (2,1). 

Fuga dalla tecnologia? Tutt’altro, e anche questo è un pezzo del problema. Alla domanda “Potreste fare a meno della tecnologia digitale?” il 26% ha risposto di non prendere neppure in considerazione l’ipotesi e il 17,5% ha risposto “mai”. Il 16,8% dice di essere in grado di farlo per mezza giornata, l’11,3% per un periodo compreso tra un giorno e una settimana.
 
Sia come sia, sono pronti anche i rimedi. Di efficacia sicura, soprattutto perché si adattano a qualunque situazione di stress: attività rilassanti, meditazione, passeggiate in luoghi ameni, pratica sportiva per ritrovare l’equilibrio con il corpo. Poi il rispetto delle pause che la legge imporrebbe sui posti di lavoro per chi lavora ai terminali elettronici. Netdipendenza pubblicherà, nei prossimi mesi, una guida gratuita dal titolo “No tecnostress, sì Aloe”. C’è da giurare che sarà disponibile online: sperando che la connessione funzioni come si deve. E che il computer non s'inchiodi a metà del download.

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