Epatite C: sintomi e trattamento
L’epatite C è una patologia provocata da un virus (VHC) che attacca a livello del fegato. La trasmissione del VHC avviene per via ematica e per utilizzo di materiale contaminato, per questo motivo i tossicodipendenti sono più esposti a rischio epatite C.
Definizione
L’epatite C è una malattia infettiva del fegato che si trasmette per via ematica, sessuale o perinatale. Tale infezione è caratterizzata dall’infezione del fegato che può evolvere in apatite cronica, cirrosi o cancro. Questa può essere di breve durata o cronica. Nel 30% dei casi può verificarsi una guarigione spontanea.
Cause
La trasmissione del virus avviene per via ematica, tramite trasfusione di sangue fino al 1991 (al giorno d’oggi il rischio è praticamente inesistente), per via intravenosa nel cado di consumo di droga (come l’eroina) o per inazione. Più raramente avviane per trasmissione madre-figlio al momento del parto o attraverso l’utilizzo di materiale mal-sterilizzato al momento di un tatuaggio o un piercing.
Sintomi
Il paziente può non presentare alcun sintomo al momento della contaminazione. L’infezione può comunque manifestarsi attraverso una fase iniziale di stanchezza, febbre, dolori articolari e muscolari diffusi, mal di testa e cattiva digestione (dolori addominali, nausea). A questa segue la fase itterica, in cui l’incarnato diventa giallo, si presentano pruriti, urine scure e feci chiare. Altre forme meno tipiche possono presentarsi. Dopo l’infezione, in media tre persone su dieci guariscono e sette su dieci sviluppano un’infezione cronica. Quest’ultima può essere priva di sintomi, ma individuato grazie a segni clinici quali cirrosi o carcinoma epatocellulare.
Diagnosi
La diagnosi si effettua tramite esame sierologico, che permette la messa in evidenza di presenza di anticorpi anti-VHC, e l’impiego del Test Elisa per individuare la presenza di anticorpi anti-VHC, prodotti conto il virus, e reperibili in meno di un mese nel 95 % dei casi. Uno screening del VHC dev’essere effettuato tre mese dopo l’ultimo prelievo.
Un test positivo significa che la persona è stata a contatto con il VHC, ma non permette risapere se il virus è stato eliminato o no dall’organismo. In caso di risultato positivo o indeterminato, è indispensabile effettuare un dosaggio de la carica virale plasmatica del VHC che indichi se l’RNA del VHC è rilevato o meno, e se dunque il virus è ancora presente nell’organismo. È da tener presente che ogni qual volta viene identificata un’infezione da VHC bisogna indagare sulla possibile presenza dell’HIV, virus dell’AIDS.
Complicazioni
Nell’80 % dei casi, in assenza di trattamento, l’epatite C evolve verso la cronicità. Con il tempo l’epatite cronica provoca, nel 20 % dei casi una cirrosi, che può aggravarsi e diventare cancro del fegato (dall’1 al 4 % dei casi).
Trattamento
In caso dell’identificazione di epatite virale C acuta, l’utilizzo di un trattamento antivirale permette, di norma, l’evoluzione della malattia verso la cronicità. Tale trattamento prevede l’interferone alfa tre volte a settimana per diversi mesi.
In caso di epatite C cronica, il trattamento riposa su una vaccinazione iniziale contro l’epatite B, l’arresto di consumo di alcol e tabacco. In funzione di numerosi fattori presi in conto dallo specialista, l’associazione di interferone ali e di un antivirale, la rivabirina è il trattamento di referenza.
Prevenzione
Per proteggersi dall’epatite C è importante utilizzare siringhe sterili sia a livello medico sia in altri ambienti, riducendo così il rischio di trasmissione. La trasfusione di sangue è effettuata in condizioni sanitarie sicure per evitare il propagarsi di simili infezioni.
FOTO:© Sherry Yates Young/123RF