Maschilista: la battaglia dei sessi nello sport
Nella classifica dei 100 campioni più pagati al mondo, le donne sono solo due: Maria Sharapova e Serena Williams. Ecco perché lo sport è maschilista e dovrebbe imparare dal tennis.
L’atleta (donna) più ricca del mondo si chiama Maria Sharapova, è una tennista e il suo reddito annuale si aggira intorno ai 29,2 milioni di dollari (poco più di 26 milioni di euro). L’atleta (uomo) più ricco del mondo si chiama Floyd Mayweather, è un pugile e il suo reddito annuale si aggira intorno ai 300 milioni di dollari. Quasi dieci volte tanto. Al punto che nella classifica generale di Forbes, Maria, la prima tra tutte le sportive, si piazza al 29esimo posto. Insomma, nella gara dei sessi, anche lo sport è maschilista.
Tennis: la (quasi) parità
Soprattutto alla luce del fatto che il tennis è un’eccezione (non senza un perché). Qualche numero: dei 100 campioni più pagati al mondo, solo due sono donne, oltre alla Sharapova c'è la collega Serena Williams, con 22 milioni di euro annui. E ancora: nella top ten delle atlete più ricche, 7 sono tenniste. Insomma, nemmeno lo sport è un terreno per donne, soprattutto considerando le parole del numero uno (sempre del tennis) Novak Djokovic: “Dovremmo guadagnare più delle donne”. La domanda sorge spontanea: perché? Sopratutto detto da uno che in più di un'intervista ha decantato le doti della sua allenatrice che gli ha trasmesso la passione?
La battaglia dei sessi: Billie Jean King batte Bobby Riggs
A dimostrare che le sportive non sono una “razza inferiore” fu Billie Jean King, la tennista da 39 titoli nel Gran Slam che, nella Battaglia dei sessi del 1973 sconfisse l’ex campione Bobby Riggs (colui che pronunciò l’irripetibile concetto) lasciando il mondo (o per lo meno metà) senza parole. Dopo il match, seguito da 50 milioni di telespettatori, Billie Jean King fondò del circuito Wta (Women's Tennis Association) e pretese che lo Us Open equiparasse i premi femminili a quelli maschili. Trent’anni dopo quell’eredità si sente e se il tennis è un’isola (quasi) felice, altrove l’uguaglianza è un miraggio e il maschilismo la norma.
Parità dei sessi: potere alle sportive
Il caso del soccer Usa è esemplare: pur avendo più seguito, il calcio femminile ha meno finanziamenti. Succede, spiega Billie Jean King in un’intervista a Style, che negli anni non ha mai smesso d’inseguire la parità, perché “i fondi sono distribuiti in maniera diseguale: 100 agli uomini e 20 alle donne. Ma non è un problema solo americano. In Italia com’è la situazione?”.
In Italia è ancora peggio, ricordando che uno come Felice Belloli, presidente della Lega nazionale dilettanti, riuscì a dire “Basta soldi a quattro lesbiche”. Tralasciando il triste episodio, le prime protagoniste della rivoluzione dovrebbero essere le donne: “quello che manca alle atlete - continua Billie Jean King -, spesso, è la mentalità imprenditoriale. Se sei un campione dello sport puoi permetterti agenti e avvocati: le donne, invece, devono fare da sole”. E di certo, la bassa rappresentanza femminile nelle posizioni chiave non aiuta. Nel board della Fifa, per esempio, “ci sono 3 donne su 26: per cambiare davvero le cose dovrebbero essere almeno il 30%”.
A proposito dice la sua anche Federica Pellegrini che alle prossime Olimpiadi sarà la portabandiera dell'Italia: “Al tempo di Fioravanti praticamente le donne in vasca non esistevano. Invisibili. Fantasmi. Solo con me e Alessia Filippi si sono accorti che c'eravamo e che avevamo cose da dire. Anzi, che la nostra forza stava dando una nuova spinta a tutto il movimento. Siamo cresciuti tutti, abbiamo imparato, ma ci sono ancora troppe resistenze in molti ambienti. Il problema vero è che si fa ancora fatica a dare voce alle donne". Una voce che donne si devono prendere con la stessa grinta con cui inseguono il traguardo. E vincono. E, come la storia insegna, battendo anche gli uomini.
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