Parto naturale: cosa c’è da sapere fase per fase

Il parto naturale si chiama così perché asseconda – naturalmente – le necessità e i tempi della donna. Come funziona? Come arrivare preparate? Ecco qualche informazione utile.

Il parto naturale consente alla partoriente di essere al centro dell'intero processo e di dettare i tempi a seconda dei messaggi che riceve dal suo organismo.

 

Il parto naturale è un parto che rispetta i tempi della donna e le permette di fronteggiare – il più naturalmente possibile, appunto – le diverse fasi, dalle contrazioni fino all’espulsione. La futura mamma, così, è al centro dell’intero processo ed è lei che, ascoltando il suo corpo, detta i ritmi. Dal travaglio fino alla dilatazione, senza tralasciare i metodi per fronteggiare il dolore, ecco qualche consiglio utile.

 

Cosa succede durante il travaglio

Dopo il periodo di preparazione, durante il quale compaiono le prime doglie e l’utero si contrae scatenando un indolenzimento – più o meno forte – alla zona del basso ventre, inizia il travaglio vero e proprio. Questo si riconosce per la regolarità delle contrazioni che si presentano di 5 minuti in 5 minuti e durano, mediamente, un minuto ciascuna. Non tutte le contrazioni, però, sono uguali ed è proprio quando ci si accorge che la loro intensità aumenta che si capisce che ci si sta avvicinando alle fasi conclusive del parto. La durata del travaglio non è prestabilita e varia da donna a donna perché tutto dipende dal corpo e dalla capacità di sopportazione del dolore. In generale, comunque, il cosiddetto “travaglio attivo” per le primipare si aggira attorno alle 12 ore mentre la stessa fase per il secondo figlio ha generalmente tempistiche molto più brevi (attorno alle 3 ore complessive).

 

Dilatazione utero: come funziona?

Durante il periodo della gravidanza il collo dell’utero è chiuso ermeticamente per proteggere il bambino dagli agenti esterni. Con l’inizio delle contrazioni, quindi, il collo dell’utero inizia ad accorciarsi per preparare la strada del bambino salvo poi dilatarsi completamente nella seconda fase del travaglio (che è annunciata da contrazioni che diventano più dolorose e ravvicinate e dunque meno sopportabili perché, tra l’una e l’altra, la mamma ha poco tempo per “recuperare le forze”). Per il feto, comunque, si tratta di una fase non traumatica perché l’utero si indurisce e si rilassa seguendo un ritmo preciso e questo viene percepito dal bambino come un massaggio che stimola le funzioni basilari del suo organismo preparandolo alla nascita.

 

Dolori del parto: come affrontarli?

La fase finale del travaglio, che ha una durata variabile tra i 30 minuti e le due ore, è caratterizzata da contrazioni meno dolorose perché le fibre del collo dell’utero sono già dilatate e l’intervallo tra una e l’altra è mediamente più lungo. Vero, però, che questa fase può essere stressante per le mamme perché le forze – mediamente – iniziano a scarseggiare dopo la seconda fase di contrazioni. Per fronteggiare il dolore del parto naturale la scienza mette a disposizione delle donne l’anestesia epidurale che si esegue quando il collo dell’utero è aperto di 3-4 centimetri e comporta l’introduzione di un anestetico locale che viene iniettato nello spazio compreso tra le vertebre lombari. Se per qualsiasi ragione non si desidera ricorrere all’anestesia è possibile fronteggiare il dolore del parto semplicemente con una buona respirazione, che deve essere regolare e adattarsi alle spinte, nonché con una grande attenzione rivolta a soddisfare i segnali che il corpo invia. Captando i messaggi dell’organismo il parto sarà più fluido, più naturale e – di conseguenza – meno doloroso.

 

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