Da Inside Out alla scienza: ecco lo studio sulle emozioni dei bimbi
Un viaggio scientifico nella mente dei bimbi tra i 2 e i 3 anni dimostra che parlare delle emozioni aiuta i piccoli a diventare più empatici nella quotidianità. Dopo "Inside Out" ecco gioia, tristezza, rabbia e disgusto spiegati ai bambini (dai bambini).
Conoscere le emozioni: ecco il segreto dell’empatia che, dimostra la scienza, inizia già nei bimbi di due anni. A rivelarlo è stato lo studio scientifico How to foster toddlers’ mental-state talk, emotion understanding and prosocial behavior: A conversation-based intervention at nursery school, condotto dall’Università di Milano-Bicocca e pubblicato sulla prestigiosa rivista Infancy.
Dopo il viaggio nella mente di un'undicenne, visto al cinema con Inside Out, ecco quindi una nuova avventura alla scoperta delle emozioni dei bambini che – in questo caso – sono state analizzate con perizia scientifica rivolgendosi al target dei giovanissimi. Per riuscirci i ricercatori hanno coinvolto 105 bambini tra i 2 e i 3 anni suddividendoli in due gruppi, uno sperimentale e uno di controllo.
I primi cinquanta, quindi, hanno ascoltato – per due mesi – racconti ad alto contenuto emotivo per poi discuterne con gli studiosi che li hanno invitati ad indicare tra le storie quelle nelle quali i protagonisti si trovavano a vivere emozioni legate a paura, tristezza, rabbia o felicità. Dopo la discussione, poi, ai piccoli partecipanti è stato chiesto di indicare le cause dei sentimenti e di raccontare il loro modo di provare queste emozioni.
Nel frattempo, al secondo gruppo di scolari dell’asilo nido, venivano narrate le stesse vicende ma senza poi analizzarle in profondità. In un secondo momento, quindi, i ricercatori hanno osservato i bambini (tramite videoregistrazione) nella loro quotidianità e qui si sono accorti delle differenze tra coloro che avevano partecipato al primo o al secondo gruppo. Chi era stato invitato ad approfondire le emozioni, infatti, era più portato a modificare le proprie abilità socio-emotive diventando, di conseguenza, più empatico nei confronti dei compagni di scuola.
“L’aumento di questi comportamenti – hanno spiegato la coordinatrice dello studio Ilaria Grazzani e la ricercatrice Veronica Ornaghi – rappresenta un precoce fattore di protezione da condotte negative verso l’altro, come aggressività, bullismo e azioni antisociali”. E il risultato di questa pionieristica indagine diventerà presto concreto. “Abbiamo validato una nuova proposta di attività – concludono - che può essere inserita nei percorsi educativi dei bambini frequentanti i contesti educativi per l’infanzia”.
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