Buona Scuola, la marcia della protesta: tutti contro tranne Agnese (Renzi)
Buona Scuola: lo sciopero indetto dai sindacati congiunti riversa nelle piazze italiane decine di migliaia di studenti, professori e personale Ata contrari al ddl del governo. Tutti tranne (la precaria) Agnese Landini, la moglie del Premier Matteo Renzi.
Da Palermo ad Aosta passando per Catanzaro, Bari, Roma, Cagliari, Milano e Torino, martedì 5 maggio la scuola si è riversata nelle piazze di mezza Italia per dire "no" alla riforma della “Buona Scuola” come l'ha chiamata il governo Renzi che attualmente è all'esame della commissione Cultura della Camera. Compatti e convinti, accanto ai sindacati congiunti, ai professori e agli addetti al personale Ata, c’erano anche gli studenti, di tutti i gradi. Senza dimenticare il flash mob notturno davanti al Ministero dell'Università e la Ricerca dove alcuni universitari hanno esposto uno striscione con la scritta "Vogliamo una scuola buona davvero”.
Tanti, tantissimi. Decine di migliaia di persone. Striscioni che recitano "più che la buona scuola è la scuola alla buona" o "di buona c’è rimasta solo la scuola", e poi fischietti, nasi da clown e maschere di Matteo Renzi con orecchie d'asino e la scritta “bocciato”. Un coro monocorde di proteste che chiede, anzitutto di stabilizzare tutti gli insegnanti precari e poi di rinnovare il contratto nazionale bloccato da 7 anni, e, infine, di modificare alla radice i poteri del dirigente scolastico.
C’erano tutti (o quasi) tranne lei, Lady Agnese Landini, la moglie del Premier Matteo Renzi, che, come aveva annunciato si è presentata alle 8 al Liceo Scientifico Balducci di Pontassieve, dove insegna italiano e latino, di nero vestita, con scarpe da ginnastica bianche ai piedi. Eppure tra le fila degli insegnanti precari c’è anche lei, che fa lezione quattro ore la settimana spezzate su due giorni, il martedì e il venerdì. A chi lo scorso settembre, mentre se ne stava in fila come tutti gli altri docenti precari per l'assegnazione delle supplenze, le aveva domandato se fosse l’ispiratrice della riforma aveva risposto: “Come in tutte le coppie ci confrontiamo. Matteo conosce la realtà della scuola italiana. Sa quali sono i punti di forza e di debolezza del mondo dell'istruzione anche attraverso la mia esperienza”. E quando la sua scuola aveva bocciato con un documento molto severo la riforma lei aveva deciso di astenersi con tanto di plauso dei colleghi che avevano commentato: “È stata molto corretta”.
Dal palazzo del potere, il premier Renzi e il ministro dell’Istruzione Giannini hanno fatto buon viso a cattivo gioco, dicendosi da un lato disposti ad ascoltare la protesta, dall’altro convinti di essere sulla buona strada. "Oggi abbiamo il coraggio di rimettere in moto le energie migliori partendo dalla scuola - ha commentato Renzi -. Ci sono tante persone che protestano: qualcuno dice che protestano sempre ma noi ascoltiamo le protesta, è giusto affrontarla ed entrare nel merito", ha aggiunto salvo poi precisare che “abbiamo intrapreso il percorso di grandi Riforme e andremo avanti con testa dura". Il Premier ha sottolineato che “il tema scuola è un tema chiave. Poi nel merito continueremo a discutere nei prossimi giorni: sulle assunzioni di determinate categorie piuttosto che di altre e sull'organizzazione del sistema scolastico. Siamo pronti ad ascoltare e condividere", fermo restando però il principio dell'autonomia.
Il ministro Giannini ha commentato sottolineando: "Rispetto per lo sciopero, come è doveroso che sia, ma rispetto anche per il governo che fa il suo lavoro, propone un progetto educativo molto innovativo e rispetto per il Parlamento che è il portatore delle istanze di cambiamento del provvedimento stesso". E poi la difesa del ddl Buona Scuola: ”Il precariato in Italia è arrivato alla punta massima del 18%, anzi, a voler essere precisi, al 17,9% nel 2007. Da quel momento - ha osservato il ministro - c'è stata una stabilizzazione di questo dato. Noi con questo ddl portiamo il precariato alle sua dimensione fisiologica, che è il 2,5%, cioè togliamo quella fetta di instabilità che ha impedito alla scuola italiana di fare sempre una programmazione incidendo violentemente sulla vita di tante persone”.
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