Il divorzio breve è legge: ora bastano sei mesi

Il divorzio breve è legge: i tempi di attesa tra separazione e la fine del matrimonio si riducono da tre anni a uno, se l'addio è consensuale, basteranno sei mesi. Novità anche sul fronte patrimoniale.


Il divorzio breve è legge: soddisfatto il Premier Matteo Renzi.


Il divorzio breve è legge. Dopo dieci anni di discussioni a base di rinvii in Parlamento e a quarantuno primavere da quel referendum con cui la Democrazia Cristiana tentò di cancellare la Fortuna-Baslini, la legge del 1970 che autorizzò la fine del matrimonio prima che morte separasse i coniugi, l'Italia dà una sforbiciata netta. Ai tempi di attesa e ai costumi

La novità principale riguarda il tempo che deve trascorrere tra il momento in cui viene sancita la separazione tra i coniugi e il divorzio che scende dai tre anni di prima a un anno nel caso in cui la separazione sia giudiziale e a sei mesi quando si tratta di separazione consensuale. Attese che sono indipendenti dal fatto che nella coppia ci siano, o meno, figli minori. 

Novità rilevanti anche sul fronte patrimoniale: la comunione dei beni potrà essere sciolta nello stesso momento in cui si sottoscrive la separazioneLa riforma entra in vigore immediatamente: potrà incidere sulle cause di separazione in corso, consentendo tempi più brevi a chi aspetta che arrivi il momento in cui si può procedere con il divorzio.

Il sì definitivo è arrivato alla Camera con 398 sì, 28 no e 6 astenuti. Favorevoli il Partito democratico, Sel, il Movimento 5 stelle, Scelta civica, i socialisti e Alternativa libera. Forza Italia e Area popolare si sono schierate per il sì, lasciando però ai loro deputati libertà di coscienza. La Lega Nord s’è limitata alla libertà di coscienza. 

Restano invece i due gradi, quelli di separazione e divorzio. Al Senato la relatrice del provvedimento Rosanna Filippin aveva tentato di passare a un grado solo, ma la maggioranza pronta a sostenere il divorzio breve non avrebbe retto alla prova del divorzio lampo. Così la norma è stata stralciata in attesa di un clima più propizio. 

Soddisfatto il premier Matteo Renzi, che con un immancabile tweet ha annunciato "un altro impegno mantenuto”, e soddisfatte le forze che hanno sostenuto la legge, a cominciare dal sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri: “Tempi più rapidi - ha commentato - significano meno conflittualità non solo nell'interesse dei coniugi, ma anche e soprattutto nell'interesse dei figli”. Contraria Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) che accusa la norma di non tener conto delle esigenze dei figli. Attacco frontale, com’era prevedibile, dal settimanale dei Paolini, Famiglia Cristiana: secondo il giornale, “tre anni è un tempo che diversi esperti, psicologi e mediatori familiari, considerano necessario per consentire alla coppia quantomeno di riflettere sulla propria decisione. Soprattutto se ci sono di mezzo i figli”. E ancora: “senza contare che molte coppie ci ripensano”. I fatti sembrano però smentire questa tesi: solo l’1% delle coppie che ottiene la separazione torna sui suoi passi.

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