Greta e Vanessa: le polemiche dopo la prigionia
Il riscatto e le polemiche
C'è la questione del riscatto di 12 milioni di dollari che l'Italia avrebbe pagato ai terroristi, notizia rivelata dai media arabi ma smentita dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha precisato come "le decisioni assunte sono in linea con quelle assunte dall’Italia nel passato in casi simili”. Ma in passato, sottolinea il New York Times in una lunga inchiesta, il Bel Paese ha sempre pagato: 40 milioni di euro dal 2004 ad oggi, ha stimato il quotidiano della Grande Mela. "Tutte illazioni" ha replicato il ministro Gentiloni, seguito a ruota dal presidente del Copasir, Giacomo Stucchi che, in merito, ha sostenuto: "Contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi ma non sempre sono di tipo economico”. Soprattutto, ha precisato il numero uno dei servizi segreti, l'entità della somma trapelata è decisamente "esagerata dal tipo di informazioni che io ho. Se si fosse pagato quel riscatto sarebbe inaccettabile". Insomma, la questione scotta e agita gli animi di molti.
Primo tra tutti del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri che con il suo tweet "Vanessa e Greta, sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo" ha infiammato la rete e indignato l'arena politica dove in molti, ora, ne chiedono le dimissioni. "È una notizia che ho trovato su un sito: "Piovegovernoladro". Mi sono limitato a chiedere se fosse vero", ha replicato Gasparri. Ma ormai la battaglia a colpi di hashtag era già iniziata, dividendo il Social tra gli esponenti di #GasparriFuoriDaTwitter e quelli di #JesuisGasparri.
La missione in Siria e i contatti in Italia
L'altro grande groviglio da sciogliere riguarda la missione umanitaria in Siria di Greta e Vanessa e i contatti che le due giovani avevano messo in moto per poterla realizzare. I retroscena hanno preso forma dopo la pubblicazione sul Fatto Quotidiano delle informative riservate dei Ros che riportano la trascrizione delle intercettazioni telefoniche tra Greta e Yasser Mohammed Tayeb, 47enne siriano di Aleppo, residente da molti anni ad Anzola dell’Emilia in provincia di Bologna dove fa il pizzaiolo. Secondo i Carabinieri l'uomo sarebbe il trait d d'union con il Free Syrian Army e, stando a un'intercettazione tra Greta e Tayeb, la missione non avrebbe dovuto portare solo aiuti umanitari alla popolazione siriana ma anche fornire supporto logistico all'esercito di liberazione.
Ad insospettire gli inquirenti c'è il fatto che Greta e Vanessa avrebbero dovuto distribuire kit mimetici di primo soccorso ai combattenti. Secondo le indiscrezioni trapelate, infatti, Greta avrebbe dichiarato a Yasser di voler dare un aiuto concreto alla rivoluzione: perciò - avrebbe dichiarato - sul loro sito era stata esposta la bandiera della rivoluzione siriana, scelta non condivisa dalle altre ong giudicate troppo neutrali.
L'altra punta del triangolo sarebbe il siriano Maher Alhamdoosh, studente della scuola di ingegneria e architettura di Bologna residente a Casalecchio del Reno e responsabile, insieme all'italiana Elisa Fangareggi dell'onlus Time4life che in Siria si occupa del campo profughi di Bab El Salam. L'uomo è già noto alle cronache da quando, nel 2013, fu sequestrato insieme al giornalisti Rai Amedeo Ricucci, al fotoreporter Elio Colavolpe, al documentarista Andrea Vignali e alla freelance Susan Dabbous andati nel paese dilaniato dalla guerra civile per un reportage che avrebbe dovuto essere realizzato per La Storia siamo noi su Rai Tre. Maher, accreditato come interprete anche presso la Farnesina, avrebbe dovuto organizzare la squadra sul posto ma fu rapito insieme ai giornalisti per poi essere rilasciato due giorni dopo e - pare - identificato come un ufficiale dell’Esercito libero siriano. Rientrato in Italia insospettì i Ros che misero il suo telefono sotto controllo e scoprirono, per caso, i legami tra il giovane, Greta, Vanessa e Tayeb il pizzaiolo.
Infine c'è Nabil Al Mureden, un medico in pensione residente a Budrio ora Presidente nazionale della comunità siriana in Italia. Uno che a Bologna è stimato da tutti, uno che non ha mai fatto mistero delle sue posizioni anti-Assad. L'uomo che, secondo le indiscrezioni, avrebbe preparato una lettera di presentazione delle due giovani che, però, non fu mai consegnata.
Le repliche
Indignati per come i media li hanno dipinti, i tre protagonisti della vicenda non hanno esitato a ridimensionare i rispettivi ruoli nel rapimento delle due giovani. Senza dimenticare che, chi da anni li conosce, li difende senza se e senza ma. "Si può tranquillamente dire che Budrio ha di lui un'idea molto positiva per quello che ha rappresentato - ha dichiarato Giulio Pierini, il sindaco di Budrio a proposito di Nabil Al Mureden -. È più budriese lui di molti altri cittadini". Netto anche il giornalista Rai Amedeo Ricucci nel definire la posizione di Maher Alhamdoosh: "se avesse voluto farmi rapire avrebbe avuto mille occasioni, da tempo. Al momento del sequestro, poi, ha cercato di difenderci e di spiegare che era siriano, che non c'era motivo, ma è stato picchiato, duramente. Ed è stato picchiato solo lui, a noi non ci hanno toccato".
Nabil, interpellato, non si è tirato indietro: "Noi se qualcuno chiede di aiutarlo a favore del popolo siriano siamo disponibili - ha dichiarato alla Rai - però di fare altre cose assolutamente no. Ma che veniamo accusati o marchiati di essere integralisti questa è una cosa inaccettabile". Nabil ha anche voluto ricordare a chi lo accusa che "siamo anche italiani, non siamo solo di origine siriana. Ho la cittadinanza italiana. Sono in Italia da 55 anni". Molto simili le parole di Tayeb: "Condanno ogni forma di violenza, l'estremismo e non mi permetterei mai di mettere a rischio la vita di decine di italiani o la sicurezza dello Stato italiano, perché l'Italia oramai è la mia prima patria" ha spiegato alla Rai.
Greta e Vanessa
E poi ci sono loro, Greta e Vanessa, che per tutto il tempo del sequestro si sono tenute per mano, confortandosi a vicenda e non appena hanno messo piede nelle rispettive case hanno chiesto scusa. Per prima l'ha fatto Greta, poi le ha fatto eco Vanessa: "Ovvio che abbiamo chiesto scusa - ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti -. Greta ha detto le parole perfette: ci dispiace per il dolore che abbiamo causato". Però, c'è un però che le due ragazze usano per rispondere a tutte le critiche di chi le accusa di ingenuità per essere andate in Siria o, peggio, di aver fiancheggiato i ribelli: "non siamo responsabili del nostro rapimento - ha precisato Vanessa -. Siamo state chiuse per cinque mesi e mezzo in vari rifugi". Nei primi tempi ci sono state minacce di morte e anche se non hanno subito violenze, la paura di non farcela le ha accompagnate un minuto dopo l'altro. Per questo c'è qualcosa che non rifarebbe. Anche se non dice cosa.