Stupro a Rimini, la trans: "li ho visti in faccia"
La trans peruviana ha fornito molti elementi alla polizia. Si stringe il cerchio sul branco che, prima di lei, ha aggredito due 26enni polacchi sulla spiaggia di Rimini e, forse, una coppia di Varese, lo scorso 12 agosto.
"Sì, sono loro": immortalati dalle telecamere di videosorveglianza dei Bagni 130 del lungomare di Rimini, i quattro maghrebini autori sono stati riconosciuti dai due giovani polacchi e dalla trans peruviana che, in particolare, ha fornito diversi elementi agli inquirenti per incastrare gli autori di quell'orribile violenza messa in atto all'alba del 26 agosto, prima sulla spiaggia della Riviera, poi in un cespuglio, ai bordi della Statale. Gli investigatori stanno stringendo il cerchio dei sospettati, in tutto circa 15 ragazzi, per lo più tunisini e algerini, dall'aspetto curato.
Lo stupro sul lungomare di Rimini
I fatti: sono le 4 del mattino e una coppia di amici 26enni, polacchi, decide di andare in spiaggia - nonostante i divieti d'accesso - per scattare qualche foto. È l'ultima sera delle vacanze, poi sarebbero ripartiti in pullman, insieme ai loro compagni d'università. In tutto una cinquantina di ragazzi. Dal buio dei bagni 130 sbucano 4 ragazzi: "Prima volevano attaccar bottone, poi siamo andati sulla sabbia, hanno picchiato il mio amico e mi hanno portato in riva al mare per...". La voce di lei, stuprata da tutti e quattro, non finisce la frase al ricordo dell'orrore. "Cercavo di capire cosa volevano quei ragazzi - le fa eco quella di lui - quando l'ho capito è stato troppo tardi, mi hanno colpito con una bottiglia". Svenuto, non può impedire quello che, di lì a poco, subisce la sua amica, sulla battigia.
La trans peruviana: "ho visto le belve in faccia"
Il branco lascia i due tramortiti e insanguinati, ritorna sul lungomare, imbocca la statale e quando incontra una trans peruviana si accanisce contro di lei. L’hanno sorpresa alle spalle, le hanno strappato la borsa, “poi mi hanno trascinato dall’altra parte della strada e ho perso le scarpe tagliandomi i piedi sulla strada. (…). Erano brutali, ma ho cercato di mantenere la calma”. Quando ha capito le loro intenzioni “ho chiesto loro per favore di prendere almeno i preservativi che erano nella mia borsa, due l’hanno fatto, ma gli altri no”. Consumato lo stupro l’hanno lasciata a terra, senza soldi né cellulare e sono ritornati sulla Statale. Lei, però, che "ho visto le belve in faccia", si è stampata nella memoria i loro volti ed è anche grazie alle sue descrizioni se gli inquirenti sono arrivati alla rosa dei sospettati.
Le indagini e il possibile precedente
Incrociando i racconti della trans, di due testimoni e le immagini impresse nelle telecamere, gli uomini della Squadra Mobile di Rimini sono arrivati alla lista dei sospettati che, secondo indiscrezioni, sarebbero spacciatori (e consumatori) di droga. In parallelo, gli inquirenti stanno valutando se agli autori è riconducibile anche un altro tentativo di aggressione avvenuto lo scorso 12 agosto: in quel caso la coppia di 30enni di Varese è riuscita a scappare e ha immediatamente sporto denuncia.
Le modalità dell’aggressione sono molto simili ma le descrizioni degli autori non collimano per almeno due di loro. Quando si sono accorti di essere seguiti, i giovani si sono divisi, lei si è messa a correre “prendendo le vie limitrofe”, lui la seguiva a distanza. Il branco, però, s’ingrossa: “uno di questi è venuto da me e io ho iniziato a gridare aiuto ma l’uomo, minacciandomi con una bottiglia di vetro, mi ha costretto contro un muro e ha iniziato a palpeggiarmi su tutto il corpo. Io continuavo a urlare e così lui ha smesso perché stavo attirando l’attenzione dei residenti”. Lui, “raggiunto dagli altri tre che lo hanno colpito con un pugno al volto e gli hanno preso il portafogli, l’orologio e il cellulare” rimane tramortito sull’asfalto, come succederà al giovane polacco, qualche settimana più avanti.
Reazioni e commenti shock
Mentre le indagini vanno avanti - forti anche della collaborazione di investigatori arrivati dalla Polonia, dove la notizia ha avuto grande eco, la magistratura ha aperto un'inchiesta e Patryk Jaki, il vice di Zibgniev Ziobro, ministro della Giustizia e procuratore generale di Varsavia, non ha esitato a dichiarare che "per le bestie di Rimini ci vorrebbe la pena di morte e non sarebbe male tornare alle torture" - ci sono alcune reazioni che fanno discutere.
A far vergognare l'intelligenza e la sensibilità e la civiltà umana, sono due, in particolare, i commenti finiti nella bufera. Primo: "Lo stupro è peggio ma solo all'inizio, poi la donna diventa calma ed è un rapporto normale". L'autore è Abid Jee, 24enne mediatore culturale in servizio alla cooperativa bolognese Lai-Momo che ha postato su Facebook questa perla di volgare e bruta ignoranza su Facebook. La rapidità con cui l'ha rimossa non è bastata a mettere a tacere l'indignazione generale che ha scatenato. Immediatamente sospeso, ora rischia il licenziamento.
Secondo: "Ma alla Boldrini e alle donne del Pd, quando dovrà succedere?". In questo caso l'autore è Saverio Siorini, segretario cittadino di San Giovanni Rotondo (Foggia) di Noi con Salvini che, sempre su Facebook, ha commentato la notizia a modo suo. Salvo poi mettere una pezza, peggio del buco: "Capisco che il mio post sia stato frainteso e anche strumentalizzato a favore di qualcuno, ma è tanta la rabbia per questa giovane donna stuprata, e il silenzio di Boldrini e di tutte le femministe (che hanno preferito accanirsi su di me), che non ci ho visto più. Ovvio che non era mia intenzione augurare il male a nessuno, con questo non cambio idea: auguro una castrazione chimica a tutti gli stupratori e la rabbia del popolo a tutti i complici del Pd". Parole che non sono piaciute alla Lega Nord e al suo movimento che, poche ore dopo, l'ha espulso chiarendo che "Le sue parole non rispecchiano nella maniera più assoluta il pensiero del movimento".
Per chi se lo stesse chiedendo, il pensiero della Lega Nord è stato espresso da Roberto Calderoli, vice presidente del Senato e Responsabile Organizzazione e Territorio del partito "c’è una sola cosa da fare: prenderli, sbatterli in galera e buttare via la chiave della cella, ma sul serio, per sempre, e naturalmente sottoporli ad un trattamento di castrazione chimica".
Le vittime polacche
Protetti da quest'orribile can can mediatico, i 26enni polacchi ricoverati all'ospedale di Rimini, nella stessa stanza, fanno i conti con il passato, il presente e il futuro. Lei è "terrorizzata dal fatto che qualcuno possa fare il suo nome, che possa essere identificata: in Polonia la vicenda ha avuto una grande eco sui media" ha spiegato Jamil Sadegholvaad, l’assessore alla sicurezza di Rimini che è andato a trovare i due amici (non una coppia di fidanzati, come si era detto in un primo momento).
Che ora vogliono tornare a casa, "al più presto e in macchina, se possibile", ha precisato lei, snocciolando le angosce di entrambi, la riservatezza e il lavoro: "Sono studenti lavoratori e non sanno come giustificare la loro assenza", ha aggiunto l'assessore della cittadina che si costituirà parte civile.