Orange Is The New Black 5: la stagione femminista e rivoluzionaria
In arrivo su Netflix il 9 giugno, la quinta serie di Orange Is The New Black racconterà in presa diretta la rivolta delle detenute (e delle minoranze che rappresentano) del carcere di Litchfield.
Femministi e rivoluzionari: i 13 episodi della quinta stagione di Orange Is The New Black (dal 9 giugno su Netflix), la serie tv nota anche con l’acronimo OITNB, ambientata nel carcere femminile di Litchfield, catapultano lo spettatore nel caos della rivolta delle detenute scatenate dopo la morte di Poussey Washington (Samira Wiley). Sebbene sia stata soffocata “per errore” da Bayley, la guardia goffa, forse l’unica buona, l'omicidio è la goccia che fa traboccare il vaso troppo pieno e che dà alle protagoniste il coraggio necessario a coalizzarsi e a ribellarsi alle vessazioni e torture inferte loro dalle guardie cattive, tra tutte Humps (che, alla fine della quarta stagione, si ritrova con la pistola puntata alla testa da Dayanara alias Dascha Polanco).
Ispirata alle memorie di Piper Kerman - Orange Is the New Black: My Year in a Women's Prison - Orange Is the New Black - la serie che ha reso protagoniste le donne e le minoranze (sessuali, etniche, sociali in un mix di lesbiche, nere, latine, disturbate mentali e tossicodipendenti) è pronta per mettere in scena il loro riscatto a scapito del politically correct. La loro emancipazione, si potrebbe dire.
Nei tre giorni vissuti e raccontati in tempo reale nella quinta stagione, le personalità delle detenute portatrici di istanze solitamente rappresentate per dovere di cronaca, prendono il sopravvento e, tra momenti drammatici e situazioni comiche, costringono gli spettatori a confrontarsi con temi delicati, scottanti e quanto mai attuali della società americana. Perché l’allure femminista e politico della stagione in cui le detenute prendono il controllo del carcere, inseguendo non solo un concetto di giustizia universale ma per lo più motivazioni personali, mortifica gli uomini. Rappresentati sadici e deboli, pervertiti, cinici e venali, si ritrovano dall’altro lato della barricata: da minoranza di potere a minoranza e basta.
“Un’atmosfera che rispecchia perfettamente l’assurdo clima politico che stiamo vivendo ora” ha confidato a Vogue Italia Natasha Lyonne, nella serie l’eroinomane Nicky Nichols, riconoscendo che “sarà una stagione pesante per la quale Jenji (Kohan, ideatrice della serie n.d.r.) non si è affatto risparmiata”. E allora, se la cronaca degli ultimi tempi racconta un’America dove governa un Presidente che delle minoranze (e delle donne) ha scarsa opinione, la serie è un po’ la parafrasi dei movimenti che la sua elezione ha scatenato, su tutti la Women’s March.
In questo senso la sceneggiatura della serie diventa l’emblema (il megafono?) della pluralità delle voci e delle istanze delle minoranze che si coalizzano per riprendersi ciò che viene loro negato. “Siamo nel 2017 - aggiunge l’attrice - e io non voglio che a decidere per i miei diritti ci sia un gruppo di soli uomini bianchi. Il fatto che Hillary Clinton sia arrivata così vicina alla presidenza e che adesso ci ritroviamo con un governo che toglie i fondi a Planned Parenthood non potrebbe essere più surreale!”.
Tanto più che, riflette con non poca amarezza, “con il successo del nostro show ci sembrava davvero di cavalcare un’onda di consapevolezza globale che chiedeva più storie di donne senza alcun tipo di discriminazione, poi ci siamo ritrovati tutti in un buco nero”. Un buco nero su cui la serie si augura di accendere un faro: “spero che questa stagione di Orange Is The New Black possa parlare da sola come metafora di quello che pensa buona parte dell’America”.
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