Esther Elisha: "Tutto può succedere, non solo in tv"
Esther Elisha sarà di nuovo Feven in tv con la seconda stagione di "Tutto può succedere". Bellissima, "con la testa sulle nuvole ma i piedi sempre più per terra", ecco che cosa ci ha raccontato.
Esther Elisha in una parola è “nuvole”. Ama guardarle, passa ore a farlo, da sempre. Tanto che “non ho solo la testa ma anche la residenza sulle nuvole”, racconta divertita con il suo accento bresciano prima di affrettarsi a precisare che “con il tempo sto imparando ad avere sempre più i piedi per terra”. Classe 1980, segno zodiacale cancro, mamma italiana e papà del Benin, segni particolari un groviglio di capelli afro in testa che si fa tagliare solo “da Monica Marchetti, a Roma” dopo anni di patimenti, Esther Elisha è un concentrato di energia contagiosa, anche per telefono. Attrice da quando “l’ho deciso alle elementari dopo aver capito che come cantante sarei stata pessima e l’ho comunicato a genitori e professori infilando l’informazione praticamente in tutti i temi, al punto che dopo la maturità mia madre mi ha messo in mano il depliant della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi”, Esther ha pochi rimpianti - “aver studiato poco al liceo materie di cui vedo solo ora il fascino, tipo chimica, fisica e matematica e aver perso troppo tempo a guardare le nuvole dopo la scuola di teatro” -, grandi ideali - “Sono sempre stata la paladina degli indifesi” - e nobili intenti: “Il cinema è uno strumento per veicolare un sogno (che può anche essere un incubo) per la nostra società”. Lo è stato Là-bas, il film di Guido Lombardi presentato e premiato a Venezia nel 2011 e lo è anche il piccolo schermo, dove Esther è pronta per debuttare il 20 aprile con la seconda stagione di Tutto può succedere, la versione italiana di Parenthood, il drama family che ha conquistato gli Usa scatenando non pochi dibattiti.
Dove ti guarderai?
"Dovrò chiedere ospitalità a qualche amico perché in casa mia non c’è il televisore. Guardo i film sul computer, prima o poi mi comprerò un proiettore".
Cosa succederà a Feven, il tuo personaggio in Tutto può succedere?
"La ritroviamo alle prese con il matrimonio con Carlo, l’uomo che ama, da cui ha avuto un figlio che gli ha tenuto nascosto per 5 anni. Nella prima serie ha fatto i conti con le bugie e gli errori commessi per paura di fallire, e con il sogno di diventare una violinista, nella seconda si confronta con la paura del futuro, con le pressioni familiari rispetto al matrimonio".
L’ultima volta che hai avuto paura?
"Forse oggi ma non ricordo di cosa! In generale sono abbastanza fifona, percepisco la paura in maniera netta ma non mi faccio bloccare, la supero. La ricetta è la prudenza".
Grande o piccolo schermo: dove ti senti più a tuo agio?
"Al cinema perché è il linguaggio che ho sperimentato di più e perché i progetti sono più circoscritti, sono avventure che mantengono il senso dell’assoluto e dell’urgenza. Nelle serie tv è più facile cadere nella routine e in questo senso sono una grande scuola per imparare a non sedersi sulle proprie sicurezze. Io ho iniziato con grande entusiasmo ma lavorando al fianco di professionisti come Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi sto imparando ad avere l’approccio necessario a mantenere alta la concentrazione nel tempo, il vero lusso di qualsiasi progetto".
Ti riguardi?
"Sì, anche se è faticoso. L’aspetto più difficile della vita di un attore è il costante confronto con il giudizio degli altri e la paura di se stessi. La chiave è la sfida nel riuscire a superarsi, tutte le volte".
Che rapporto hai con il pubblico?
"È molto presente e affettuoso: le tematiche di Tutto può succedere sono quotidiane, riportate con grazia e gentilezza in una costante ricerca di verità e questo stimola il dibattito. Mi scrivono sui social e io, che (purtroppo) sto diventando molto social, cerco di rispondere a tutti. Dico purtroppo perché mi sono dovuta educare a questo tipo d’interazione che oggi è diventata una parte del mio lavoro che, va sottolineato, mi permette di dare un’immagine di me stessa in prima persona. Il difficile sta nel riuscire a mantenere un equilibrio sano tra chi sono, come mi rappresento e come mi percepiscono".
C’è qualcuno che ti ha cambiato la vita?
"Guido Lombardi, il regista che mi ha diretto in Là-bas, il film premiato a Venezia in cui interpretavo una prostituta. È stato un progetto a cui ho aderito completamente che mi ha aperto a molte opportunità e riflessioni e mi ha permesso di dare una voce anche alle mie amiche con le origini miste. In questo senso credo che chi ha un vissuto come il mio debba raccontarsi in prima persona, onorando una sorta di dovere verso il pubblico. Tutto il pubblico".
Sei nata e cresciuta a Brescia: com’è andata l’adolescenza?
"Direi bene: il liceo scientifico, poco studio perché la scuola seduta ad ascoltare non faceva per me che già volevo fare l’attrice, gli scout, tanti amici molto importanti ancora oggi e una famiglia molto presente. Certo, la Brescia di oggi è molto diversa da quella che ho vissuto io: ora è un mix di culture pazzesco, ai tempi io ero l’unica ragazza nera. Il che ha avuto una serie di conseguenze".
Del tipo?
"Ero molto popolare, tutti conoscevano il mio nome, davanti alla scuola c’era scritto 'Esther ti amo' ma poi nei bagni c’erano insulti razzisti. Il fatto di essere così diversa mi ha reso riconoscibile nel bene e nel male. In generale, però, ho sentito la mancanza di punti di riferimento che mi rappresentassero. Tanto per fare un esempio: mia mamma è italiana e non aveva idea di come si domassero i capelli afro, i parrucchieri non ne parliamo. Forse è per questo che ho assimilato molto da diverse culture, anche lontane”.
Quanto razzismo percepisci intorno a te?
"L’intolleranza con cui sono più a contatto è la mia. La riflessione del momento è che sia difficile la convivenza pacifica al di là delle origini: siamo disabituati al dialogo, lo affrontiamo con l’ottica di aver ragione senza voler ascoltare le ragioni dell’altro. E poi ci scandalizziamo per le grandi cose ma diamo il peggio nei conflitti del quotidiano, dove invece dovremmo fermarci e concentrare il meglio di noi. Per questo cerco di educare anzitutto me stessa. In generale, però, mi sento fortunata perché il razzismo è diverso se sei uomo o donna, se hai possibilità economiche o no, se hai la cittadinanza o no. Io, per esempio, non so cosa significhi la discriminazione burocratica".
Donna, nera, artista: qual è la ricetta per rimanere in Italia e avere successo?
"La mia è stata essere molto testarda e tenace, avendo sempre chiaro l’obiettivo".
Qual è il film che ti piacerebbe vedere?
"Una storia che racconti le persone anziane, la terza età".
Qual è il ruolo o il tema che ti piacerebbe interpretare?
"Mi piacerebbe una parte in un film d’azione o un fantasy, in generale qualcosa di molto fisico. Ho fatto sport per anni, poi ho smesso e mi manca molto, mi piace essere costretta ad allenarmi: dovessi imparare il karatè sarei felicissima!".
Sei innamorata?
"Sì, sono fidanzata e innamorata. Lui non c’entra con il cinema e non voglio metterlo sotto i riflettori, vorrei avere un approccio naturale al contesto, tuttavia credo che ci siano sfere e persone che vanno protette. Tanto più che, prima o poi mi piacerebbe una famiglia e anche se per fare tanti figli ormai è tardi, magari uno o due ci stanno. Vedremo, chissà, tutto può succedere!".