Malak al Shehri, senza hijab a Riyad: rischia la fustigazione
Malak al-Shehri, studentessa ventenne dell'Arabia Saudita, è stata incarcerata per aver postato su Twitter un'immagine a volto scoperto. Incarcerata rischia la fustigazione.
Malak al-Shehri sapeva benissimo che la foto postata su Twitter le avrebbe causato non pochi problemi ma l’ha fatto comunque. La 20enne studentessa saudita di Riyad si è fatta immortalare vestita all'occidentale in una delle strade principali del Paese dove le donne vanno in giro coperte, non possono guidare e votano da appena un anno. Senza hijab, con i capelli neri sciolti sulle spalle, gli occhiali neri, un lungo vestito rosso a fiori e un cappotto nero il suo volto ha travolto gli utenti a fine novembre. Risultato: è stata identificata, arrestata e incarcerata. Tra le altre cose rischia anche la fustigazione.
Una sfida coraggiosa al potere e ai codici di comportamento che in tempi social è rimbalzata nelle maglie della rete nonostante la giovane abbia rimosso il cinguettio dopo aver ricevuto le prime minacce. Quasi un mese dopo le reazioni, purtroppo, non sono solo d'indignazione. Perché se su Twitter l'hastag #FreeMalakAlshehri ha catalizzato la solidarietà di una moltitudine di donne musulmane che l'apostrofano l'angelo, traducendo il suo nome, la condanna delle autorità saudite e perfino paragoni alla Rosa Parks - l’afroamericana che negli anni Cinquanta si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus a un bianco -, c’è anche chi l’ha definita “infedele, senza Dio”, ha proposto “di darla in pasto ai cani” o addirittura di condannarla a morte.
Dal canto suo, Fawaz al Maiman, portavoce della polizia, ha fatto sapere che Malak è stata arrestata per la violazione della condotta morale e per aver "parlato apertamente di relazioni vietate con uomini" che, va da sé, non fanno parte della sua famiglia. Mentre la rete e la società si divide, gli agenti l’hanno trasferita in un carcere femminile in attesa di indagini supplementari. Per sapere se il coraggio di Malak cambierà la storia non resta che rimanere connessi, cinguettare e continuare a credere nei diritti delle donne.