Ragazza violentata in Calabria: lo stupro giustificato a Melito

Violentata per tre anni di fila da quando ne aveva 13, la ragazza è vittima non solo di stupro ma anche dell'omertà di Melito, in Calabria, dove tutti sapevano e oggi commentano: "se l'è cercata".  

Alla manifestazione di solidarietà organizzata da Libera a Melito, per la ragazza violentata, hanno partecipato in pochi: tra i ragazzi del branco il figlio di un capocosca. © jessmine/123RF

Tredici anni, un metro e 55 centimetri d’altezza, 40 chili di peso. Una bambina. Eppure, nonostante per tre anni di fila questa bambina sia stata violentata da un branco di 9 ragazzi senza coscienza, a Melito di Porto Slavo, in pochi stanno dalla sua parte: “sono vicina alle famiglie dei maschi. Per come si vestono certe ragazze se la vanno a cercare” commentano in piazza. E pure: “sapevamo che era una che non sa stare al posto suo”. Il parroco, Benvenuto Malara arriva perfino a dire: “Purtroppo corre voce che questo non sia un caso isolato. C’è molta prostituzione in paese”. Morale: alla manifestazione di solidarietà organizzata da Libera c’erano quattro gatti. 

Siamo in Calabria, a Melito e la prostituzione non c’entra nulla. Piuttosto c’entra il fatto che tra i ragazzi del branco che per tre anni l’hanno violentata insieme e a turno, dopo la scuola, portandola al cimitero, al belvedere, sotto il ponte della fiumara o in una casa a Pentadattilo, immobilizzandola e costringendola pure a rifare il letto, ci fossero Giovanni Jamonte - figlio di quel Remigio capocosca che attualmente si trova in carcere col 41 bis -, Antonio Verdicci, figlio di un maresciallo dell’esercito e Davide Schimizzi, fratello di un poliziotto. Insomma, gente che alimenta l’omertà che, in questo caso, ha dato vita a un orrore lungo quasi mille giorni, tre anni.

Perfino in famiglia: “Questo territorio - ha commentato Cafiero De Rhao, procuratore capo di Reggio Calabria - sconta un ritardo costante. C’è mancanza di sensibilità. anche i genitori sono stati onerosi. Tutti sapevano”. E tutti vedevano. Che la bambina non mangiava più e sempre più spesso non si presentava a scuola. “Ognuno deve pensare alla sua famiglia” ha ribattuto il preside Scalpari che non vuole sentir parlare di omertà. Eppure il tema in cui la ragazzina descriveva la situazione a casa e, come ha raccontato lei stessa alla psicologa, diceva “i miei genitori si stavano separando. E nonostante io non abbia fatto niente per proteggere anche loro, ero un po’ arrabbiata perché loro comunque non si sono mai accorti…” avrebbe dovuto svegliare qualche coscienza. 

Il padre, con una fiaccola in mano, ripete che “tante volte avrei voluto andarmene da questa situazione. Non mi piace usare la parola schifo perché a Melito ci sono cresciuto. Ma se potessi, certo, se non avessi il lavoro, prenderei mia figlia e la porterei lontana”. Lei, dalla sua bacheca di Facebook, cita Nietzsche: “La miglior saggezza è tacere ed andare oltre”. Il difficile è riuscirci, ad andare oltre, dopo 3 anni d'inferno.

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