Flavio Angiolillo: i segreti di un bartender per caso (e di successo)
Italiano di nascita, cresciuto in Francia e milanese d'adozione, il bartender Flavio Angiolillo, conduttore di "Mixologist" snocciola consigli e racconti da sex symbol.
"Flavio Angiolillo"
Per chi se lo fosse perso sul piccolo schermo nei panni di conduttore di Mixologist, la sfida dei Cocktail, il talent per aspiranti bartender o per chi non fosse (ancora) passato dai uno dei suoi due bar a Milano (il Mag e il 1930), Flavio Angiolillo è un concentrato professionalità, ironia, umiltà, fascino e un pizzico di vanità. Perché, senza nulla togliere agli chef, gli uomini che stanno dietro al bancone (e con l’arte della mixology) preparano bevande destinate a conquistare non solo il palato: sono i nuovi sex symbol destinati ad ispirare migliaia di giovani alle prese con il loro futuro e tentare donne a caccia di avventure.
Il che non significa che basti una bella presenza, per diventare un bartender di successo (che fa rima con sex symbol anche quando si è "bruttini"): anzi, proprio “l’arroganza di alcuni concorrenti è stato il difetto che più mi ha infastidito”. Che si sappia: quello del bartender è un lavoro duro, la notte è lunga, gli ingredienti vanno conosciuti e mescolati alla perfezione che l’alcol è una cosa seria e come tale va trattata.
Un’arte che Flavio, romano di nascita, cresciuto in Francia e da anni milanese d’azione, ha imparato e messo da parte sul campo: sognava di fare il calciatore ma quando ha capito che non ce n’era ha deciso di mettere da parte i soldi per comprarsi il motorino, che al futuro ci avrebbe pensato con calma. E invece il futuro gli è venuto incontro: ha iniziato a lavare i piatti in un ristorante, poi è passato alla sala, poi alla cucina, poi al bancone e lì sì è fermato. O meglio, lì ha iniziato la sua vita vera che, dopo aver studiato e girato il mondo l’ha accreditato come uno dei bartender più quotati della Milano da bere.
L’abbiamo incontrato a Torino, ospite d’onore della serata organizzata dalla Campari per celebrare il proibizionismo anni Venti. Per l’occasione ha presentato tre cocktail e snocciolato qualche chicca di sé e della sua professione. Per gli aspiranti bartender i cocktail sono “il ‘Campari Shock’, molto fresco e un po’ fuori dal comune a base di Campari, J.Wray Silver, succo di Goji, orzata, hibiscus, succo di lime, aloe, Orleans bitter, shekerato e servito in coppetta; il ‘Tre giorni a Torino’, più dolce e morbido dove ho infilato tutti gli ingredienti trovati in città - Campari, Cinzano Vermouth Bianco 1757, Espolon Reposado, Assenzio e pastiglie Leone - e infine il NegroniWeek2015, leggermente salato, molto divertente a base di Campari, Cinzano Vermouth Rosso 1757, Bruxo n.3, Sage Syrup, Assenzio”. Per tutto il resto - le sue origini, i suoi segreti e le sue conquiste - c'è l’intervista, buona visione.
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