Prostitute nigeriane: Jasmine denuncerà i suoi aguzzini

Jasmine, 22 anni racconta la sua fuga dai marciapiedi dove era costretta a lavorare insieme alle prostitute nigeriane vittime dei loro aguzzini: pur di avere il permesso di soggiorno ora li denuncerà.


Prostitute nigeriane: le vittime della tratta vengono ingannate con la promessa di un lavoro.


Le prostitute nigeriane non fanno più notizia. Arrivano in Italia con l’inganno, pagando caro e salato il viaggio e si ritrovano sulla strada, ostaggio dei clienti ma soprattutto degli aguzzini con cui hanno contratto il debito. La loro sofferenza non interessa quasi più a nessuno. Eppure, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il 30 giugno 2015 le nigeriane arrivate in Italia erano 1.471, l’anno precedente 353. Sono sempre di più, insomma, sempre più giovani, sempre più povere e meno istruite. Come Jasmine, 22 anni, gli ultimi 5 mesi nel nostro Paese, di cui 4 sui marciapiedi. 

Non volevo fare la prostituta - racconta a La Stampa -. Volevo venire in Europa per trovare un lavoro ma non quello”. La vita in Nigeria è dura, Jasmine ha un figlio di tre anni, una madre malata, tre fratelli più piccoli di cui occuparsi: servono soldi e un lavoro fuori sembra un sogno alla portata, le dicono. Anche se Jasmine non è mai entrata in un’aula scolastica, non sa leggere né scrivere: uno dei “brothers” con cui parla le assicura che ovunque andrà non finirà in strada, tra le altre prostitute, Jasmine si fida. 
 
La traversata del deserto è lunga e faticosa, Jasmine arriva in Libia, “Volevo fermarmi lì”, spiega, ma i brothers hanno altri piani per lei: “Sei destinata all’Europa”, le dicono prima di piazzarla su un gommone diretto a Cagliari. Jasmine sbarca, entra nel Cie e aspetta. Quando due ragazzi vengono a prenderla è settembre: la portano a Padova, Jasmine ha grandi speranze. Ma il tempo passa, lei è segregata in un appartamento e allo scadere del primo mese l’incubo diventa realtà: i due le portano vestiti inguinali e la depositano in strada. Lei si oppone, i due le rispondono che “è l’unico lavoro che puoi fare”. Jasmine obbedisce, si ritrova prostituita tra le altre prostitute nigeriane, lavora, alle quattro del mattino torna a casa, sfinita e affamata e capisce ben presto che i suoi diritti sono in mano a quei due: “Mi sfamavano solo se davo i soldi della serata. Se non guadagnavo nulla restavo a digiuno”. 
 
Tre settimane dopo, fatte di clienti che non pagano, altri che la stuprano, altri che la insultano,  Jasmine decide che lei tra prostitute nigeriane non ci vuole stare e si fa lasciare da un cliente lontano dai suoi aguzzini. Non ha documenti ma abbastanza soldi per scappare verso sud. Peccato che sul treno conosca un ragazzo che la convince a scendere a Firenze e, con la solita scusa del lavoro, la porti di nuovo in strada, tra le prostitute nigeriane. 

Passa un mese, Jasmine ci riprova e questa volta su treno conosce un prete africano che la mette in contatto con la Comunità di Sant’Egidio, mettendo fine al suo incubo. L’anno nuovo inizia sui banchi di scuola: Jasmine sta imparando a leggere e scrivere e pur di avere il permesso di soggiorno per trovare un lavoro vero è disposta a denunciare i suoi sfruttatori. Anche se è pericoloso, Jasmine non ha più paura: Jasmine ha appena scoperto di essere incinta, non vuole abortire, ha voglia di vita. “Posso farcela”. Puoi farcela.

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