Eiaculazione femminile: alla ricerca dello squirting, questo sconosciuto
Meglio nota ai più come "squirting" l'eiaculazione femminile è dibattuta dai tempi di Aristotele. La comunità medica non si è ancora messa d'accordo ma intanto succede a una donna su dieci.
L'eiaculazione femminile, questa sconosciuta, esiste e nel mondo (soprattutto quello porno, che l'ha battezzata) va sotto il nome di squirting. Sebbene la comunità scientifica ancora non si sia messa d’accordo su come, quando e perché avvenga, le donne che arrivano all’eiaculazione sono vive e (felici) in mezzo a noi. Una su dieci, poche ma non pochissime. Non abbastanza per la scienza, abbastanza per scatenare la rete che ha incastrato manuali d'istruzione per l'uso.
D'altra parte non è certo una novità: già Aristotele nel I secolo a.C. e poi Galeno nel II secolo d.C. pare fossero a conoscenza dell’eiaculazione femminile. Descritta per la prima volta nel 1559 dall'anatomista italiano Realdo Colombo e nel 1672 dal collega olandese Regnier de Graaf che identificò la “prostata femminile” e descrisse fluidi “che correvano fuori” e “che zampillavano” durante l'eccitamento sessuale, fu spiegata dal ginecologo Alexander Skenedal che nel 1860 battezzò la prostata femminile “ghiandole di Skene” attribuendogli il merito di espellere il liquido che contribuisce alla lubrificazione. A complicare la caccia al piacere, il fatto che quelle ghiandole, guarda che caso, si trovano proprio in corrispondenza del misterioso punto G.
A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, diversi studi hanno smentito la possibilità che una donna possa eiaculare ma, contrariamente alle constatazioni scientifiche, le donne continuavano a secernere liquidi. “È urina”, si diceva finché nel 1981 la Dalhousie di Halifax, in Nuova Scozia, passò al microscopio il liquido alla ricerca di provenienza e composizione. Risultato: conteneva urea e creatinina (componenti dell’urina), ma anche un antigene specifico della prostata, ovvero un liquido molto simile a quello seminale maschile.
I risultati sono stati confermati da un nuovo studio pubblicato nel 2007 sul Journal of Sexual Medicine e aggiornati da una nuova uscita sulla rivista in tempi più recenti con la ricerca dell’ospedale Parly II di Le Chesnay, in Francia: durante l’orgasmo femminile i fluidi emessi sono due, diversi, e in uno sono presenti gli stessi enzimi dell’eiaculazione maschile. “Lo squirting - concludono i ricercatori facendo tutti contenti e nessuno soddisfatto - è essenzialmente un’emissione involontaria di urina nel corso dell’attività sessuale, che viene però accompagnata in molti casi da un contributo marginale di secrezioni prostatiche all’interno del liquido emesso”. Insomma, siamo da capo.
A complicare il lavoro della scienza il risicato numero di soggetti osservati. Sia perché l’eiaculazione femminile pare sia un privilegio solo del 10% delle donne, sia perché gli studi hanno esaminato un ventaglio di casi accertati troppo esiguo per poter trarre conclusioni definitive.
Mentre la medicina continua a disquisire, l’eiaculazione femminile è sbarcata in rete da un pezzo e pullula di donne alla ricerca dello squirting e di manuali per metterlo in pratica. Che, più o meno, dicono tutti la stessa cosa: stimolare il Punto G. E siamo, di nuovo, da capo.
Mentre la caccia al tesoro galoppa, è bene precisare che un orgasmo non è meno appagante senza squirting. Se però, cercando l’eiaculazione, le donne (tutte) arrivassero all’orgasmo, allora metà del bottino sarebbe conquistato.
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