Prostituzione: (quasi) al via i quartieri a luci rosse a Milano

Mercoledì l'amministrazione di Milano ha approvato una mozione per la creazione di una zona sicura e attrezzata per la prostituzione. Il modello sarà quello sperimentato a Mestre nel 1995: in 20 anni il numero delle prostitute è crollato di due terzi. Al di fuori delle aree individuate sarà vietata. 

L'amministrazione di Milano ha approvato la mozione per la creazione di zone sicure e attrezzate per i lavoratori del sesso.


Il Comune di Milano fa i conti con il mestiere più antico del mondo e decide di fare necessità virtù approvando la mozione per creare zone sicure e attrezzate per la prostituzione. È passata mercoledì 15 luglio, con una maggioranza trasversale e risicata, ma è passata: un passo gigantesco sia per l’amministrazione sia per l’umanità, sicuramente per le prostitute che da anni chiedono di essere riconosciute.   

Il modello sarà quello di molte altre città europee che Mestre ha fatto suo dal 1995 e dove i numeri parlano chiaro: in vent’anni il numero delle prostitute è crollato di due terzi. “Il fenomeno della prostituzione di strada non si può né eliminare, come vorrebbero alcuni, né nascondere sotto il tappeto, si può solo tentare di governare”, dice il radicale Yuri Guaiana, che aggiunge: “L’unico modo per farlo contemperando i legittimi interessi di residenti, clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso è quello della zonizzazione”. Un progetto diverso dai quartieri a luci rosse, anche se il consigliere radicale ammette che “in Olanda si passò dallo zooning come prima regolamentazione per arrivare ai quartieri dedicati”.

In pratica funzionerà così: se al di fuori delle zone individuate sarà vietata la prostituzione, in altre “più informali” sarà possibile “far incontrare clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso in condizioni di dignità e sicurezza creando il minor conflitto possibile con la cittadinanza”. Come? “Le aree dovranno avere servizi igienici, ma anche la presenza di educatori per agevolare l’uscita dal racket dello sfruttamento le donne che ne fossero vittima”. 

Tra chi plaude l’iniziativa, c’è chi la vede come il fumo negli occhi. Tipo la pasionaria azzurra Silvia Sardone: “La preoccupazione principale è che i luoghi scelti per gli eventuali quartieri a luci rosse siano come al solito quartieri periferici, già molto colpiti da insicurezza. Si rischiano veri e propri ghetti. Il voto in aula, in una zona che ha molte aree disagiate e degradate, preoccupa in considerazione del bassissimo livello di attenzione dell’amministrazione nei confronti delle periferie”. 

Dal canto loro, Pia Covre - presidente del Comitato per i diritti civili delle Prostitute e responsabile per i diritti delle lavoratrici e lavoratori sessuali nel direttivo dell’Associazione radicale Certi diritti - e Yuri Guaiana, segretario del gruppo, sono convinti, invece, che sia “l’unica proposta civile che si possa fare per governare il fenomeno del lavoro sessuale su strada nel rispetto dei diritti di tutti”. Tradotto: da qualche parte bisogna cominciare: “È l’unico modo per passare dalle parole ai fatti su un tema spesso sbandierato senza che vengano proposte azioni concrete”. 

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