Baby squillo dei Parioli: Mauro Floriani, il marito di Alessandra Mussolini, sarà processato

Il marito di Alessandra Mussolini, Mauro Floriani, sarà processato. Gli inquirenti hanno concluso le indagini sulle baby squillo dei Parioli. A giorni verranno notificati i rinvii a giudizio che riguardano anche altri 22 clienti delle due ragazzine di 14 e 15 anni accusati di prostituzione minorile. Rischiano da 1 a 6 anni di carcere.   

Mauro Floriani, marito di Alessandra Mussolini, era uno dei clienti delle baby squillo dei Parioli.


La moglie, Alessandra Mussolini, l’aveva perdonato con tanto di bacio sulle labbra immortalato dai rotocalchi: “Mauro resta pur sempre il padre dei miei figli…”, aveva dichiarato lei a Chi nel marzo 2014, quando Mauro Floriani - ex ufficiale della Guardia di Finanza, l’uomo che aveva sposato 25 anni fa -, era finito al centro dell’inchiesta sulle due baby squillo dei Parioli, Agnese e Angela, 15 e 14 anni. La Procura, invece l’ha (quasi) rinviato a giudizio con l’accusa di prostituzione minorile. È questione di giorni perché gli venga notificato: le indagini si sono concluse e secondo gli inquirenti Floriani era uno dei clienti disposti a pagare le ragazzine in cocaina o a scucire tra i 150 e i 400 euro ma, anche più di 600 se in ballo c’erano servizi esclusivi o "particolari", come l'incontro con entrambe o l'offerta de "la prima volta", di una delle due.

A rischiare una pena che va da uno a sei anni di reclusione sono anche altri 22 tra padri di famiglia e manager che, secondo la Procura, non potevano ignorare che le due giovani fossero minorenni. Ovvero la tesi da sempre sostenuta da Florani che, se non ha mai negato i fatti, si è sempre difeso dicendosi convinto che si trattasse di maggiorenni. Undici, invece, gli indagati che hanno già patteggiato un anno di pena. Dieci gli anni di carcere a cui è stato condannato Mirko Ieni detto "Mimmi", 38 anni, il “dominus” del giro che aveva affittato lo scantinato dove avvenivano gli incontri (in realtà non solo lì), mentre per Nunzio Pizzacalla, l’altro “gestore”, la condanna si è fermata a sette anni.

Resta da capire che cosa ne sarà della coscienza della madre di Angela - condannata a sei anni di reclusione, 20 mila euro di multa, e privata della potestà genitoriale -, la più giovane delle baby squillo che non solo sapeva dell’attività della figlia ma aveva anche il coraggio di alzare la voce quando gli "introiti" diminuivano: "Senti un po', tu non te movi oggi? - chiedeva la donna intercettata dai carabinieri - E come facciamo? Perché io sto a corto, dobbiamo recuperà. Ma ce la facciamo a recuperare sta settimana?". Una telefonata agghiacciante, che il giudice per le udienze preliminari, Costantino De Robbio sottolineava annotando come "non solo la discesa della 14enne nel mondo della prostituzione minorile non è avvenuta all'insaputa della madre, ma è stata da questi incoraggiata per fini economici poiché sui proventi dei rapporti sessuali della figlia, la madre faceva affidamento tanto da allarmarsi per la sospensione degli introiti, pur se tale sospensione era dovuta a ragioni naturali e più che prevedibili".

Un vero e proprio giro di mostri che di certo non si facevano troppi scrupoli sull’età delle giovani che, una volta a casa, cercavano sugli smartphone "Come eliminare le tracce nelle urine. Cocaina, come e per quanto tempo si rintraccia". Scriveva ancora il giudice: "Emerge un desolante quadro di superficialità e cinismo, che accomuna organizzatori della prostituzione minorile e clienti, nel consapevole intento di approfittare per il proprio tornaconto (sia esso economico o di soddisfacimento della libido sessuale) dell'evidente incapacità delle due ragazzine di rendersi pienamente conto delle conseguenze di ciò che stavano compiendo".

Come d’altra parte emerge dai verbali della diretta interessata: “Quando andava bene”, in due giorni, “avevamo 800 euro in tasca” raccontava agli inquirenti Angela “per comprare tutto quello che volevo. Taxi, vestiti, shopping, sigarette, borse di marca”. Era questo “il mio scopo” di quel gioco al massacro iniziato perché tentata dall’amica Agnese: “Verso maggio ho detto ad Agnese: senti, ma magari provo a farla anche io questa cosa?”. Detto fatto: “La prima volta niente... sono andata, ho provato. Scandalizzata mi sono messa a piangere”. Poi, però, ha continuato e ha deciso che sì, “si poteva fare”. Così è iniziata la sua vita “non normale”, da persona “sdoppiata”.

Tendo a dimenticare 'ste cose – raccontava la ragazzina al pm – perché altrimenti non potrei davvero più vivere con me stessa. Io mi sdoppio, divento un’altra persona, non penso a niente. Ritorno me stessa dal momento in cui entro in casa”. Anche se ritornare alla vita normale era difficile già ai tempi: “Non so nemmeno se ce la faccio a non rifarlo […] È difficile per me adesso pensare che devo andare in giro con i mezzi pubblici […]. Spendevo tutto perché pensavo ‘tanto domani li rifaccio’. Io mo’ non so manco come uscire il sabato. Io non mi posso togliere pure quel poco di divertimento che c’ho. Cioè alla fine la mia vita gira intorno a ‘sta cosa e al sabato. Non più manco tanto allo studio e ‘sta cosa mi dispiace perché a me ‘sti anni non me li ridarà mai più nessuno […]”.

Un fiume di parole confuse, di un’identità sgretolata troppo presto: “Per me era diventato un peso”, dice a un certo punto. E il pm: “Non volevi farlo più?”. Lei: “No, io non è che non voglio farlo. Io certe volte dico: ‘Ma che cazzarola sto facendo?’. E certe altre dico: ‘Questa cosa mi serve’. Cioè tutto quello che voglio è una possibilità economica mia e questo secondo me è l’unico modo”.

In un mondo ideale toccava agli adulti farsi delle domande. E invece la bolla è scoppiata grazie a una lettera anonima recapitata alla madre di Agnese, che ha assoldato un investigatore privato e ha scoperto un inferno. Fosse stato per gli adulti coinvolti, l'orrore sarebbe andato avanti ancora per chissà quanto tempo. “In nessuna delle numerosissime conversazioni degli imputatiprosegue il Gup De Robbio -, emerge alcuna preoccupazione o scrupolo in relazione alla scelta di indurre alla prostituzione delle ragazzine da poco uscite dalle scuole medie; la loro giovane età è anzi sempre vista come fonte di maggiore attrattiva 'commerciale' e dunque di guadagno per gli sfruttatori Mirko Ieni e Nunzio Pizzacalla e di piacere sessuale per gli altri".  

A questo punto in tanti si chiederanno quale sarà la prossima mossa della nipote del Duce e di Sofia Loren, quell'Alessandra Mussolini impegnata da sempre nella difesa dei minori che, ai tempi dello scandalo, aveva pensato ai loro tre figli - Caterina, la primogenita di 18 anni, Clarissa e il piccolo Romano, calciatore in erbe alla Spes Artiglio - affrontando a testa alta “le tempeste della vita” come aveva commentato la madre, sorella della Loren. Una tempesta della vita che ha squarciato non per caso ma per responsabilità di un adulto consapevole che - se lo accerterà anche un processo - erano vite innocenti, alcune vergini, e non lo saranno mai più.

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