Test del DNA fetale: linee guida

L'esame del DNA fetale è un nuovo test prenatale non invasivo che valuta il rischio del feto di essere affetto da alcune malattie e può essere eseguito già alla decima settimana di gravidanza.
 

Test del DNA fetale: il test di screening prenatale valuta il rischio che il feto sia affetto da alcune patologie, in particolare malformazioni cromosomiche. © Dmitry Kalinovsky/123rf

Test del DNA fetale: di che cosa si tratta? Sostanzialmente parlando di esame del DNA fetale s'intende una tecnica relativamente nuova di screening prenatale che, in modo non invasivo, permette di valutare - già a partire dalla decima settimana di gravidanza, anche se  il suggerimento è quello di sottoporvisi durante la 12esima settimana - il rischio che il feto sia affetto da alcune patologie, in particolare malformazioni cromosomiche. Ecco come funziona e qualche informazione utile.

 

Esame DNA fetale: come funziona?

Questo test di screening prenatale consta di un semplice prelievo del sangue che può essere eseguito dalle future mamme a partire dalla decima settimana di gravidanza. Nel sangue materno, infatti, circolano cellule della placenta che contengono lo stesso corredo genetico del feto e che possono essere isolate e replicate in laboratorio per essere successivamente analizzate. L'analisi permette di effettuare uno screening sul corredo genetico del feto valutando anche l'eventuale presenza di anomalie cromosomiche, in particolare la trisomia 21 (responsabile della sindrome di Down) e le trisomie 13 (sindrome di Patau) e 18 (sindrome di Edwards). Per quanto riguarda la sindrome di Down, in particolare, questo esame ha un'attendibilità superiore al 99% (con un numero ridotto della percentuale di falsi positivi), anche se è importante ricordare che si tratta, in ogni caso, di un esame di screening e non diagnostico che permette di analizzare quindi le possibilità che esistano malformazioni, ma non può dare alcuna certezza.


Test di screening: quando e perché farlo

Insomma, il test del DNA prenatale è certamente uno strumento in più tra gli esami di screening ma, e su questo gli esperti sono concordi, non può sostituire gli esami diagnostici come amniocentesi e villocentesi. Questo test, infatti, analizza i cromosomi in modo mirato mentre le due tecniche invasive oltre a dare risultati definitivi (vale a dire diagnosi e non stime), permettono uno sguardo all'insieme ai cromosomi fetali. Adatto in caso di gravidanze che non presentano rischi particolari (ma sconsigliato nel caso di gravidanze gemellari visto che pur evidenziando l'eventuale anomalia questo test non è in grado di attribuirla all'uno o all'altro gemello), il test del DNA prenatale può quindi anche rappresentare un passaggio intermedio in caso venga evidenziato un rischio aumentato durante gli esami di screening tradizionali (come il duo test). Questo esame (che non è rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale e dunque può essere effettuato solo privatamente ad un costo che varia dai 700 ai 1000 euro circa) può essere effettuato già a partire dall'ottava settimana di gravidanza, ma il suggerimento è quello di attendere la dodicesima settimana di gestazione per evitare il rischio che la quantità di cellule della placenta in circolo nel sangue della mamma sia ancora troppo esigua. Come per tutti gli esami di screening prenatali il suggerimento è comunque quello di confrontarsi con il proprio ginecologo che valuterà il singolo caso e saprà consigliare al meglio il percorso da seguire.

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