Gravidanza a rischio: cosa c'è da sapere
La gravidanza a rischio si chiama così perché è accompagnata dall’insorgere di complicazioni di vario genere. Ecco come affrontare le più comuni.
Gravidanza a rischio: cos’è? Con questa definizione s’intende una gravidanza caratterizzata da varie possibili complicazioni che hanno la conseguenza di causare un certo disagio (o, addirittura, oggettive difficoltà) alla mamma in attesa e possono portare, come estrema conseguenza, ad un aborto spontaneo o ad un parto prematuro. Ecco quali sono le complicanze più comuni della gravidanza a rischio e come affrontarle.
Maternità a rischio: i segnali nei tre trimestri
I segnali che la maternità è a rischio variano a seconda del trimestre di gestazione nel quale ci si trova. Durante i primi tre mesi, per esempio, può capire che il ginecologo rilevi un piccolo distacco della placenta attraverso l’ecografia e, in questo caso, segnalerà il problema (che potrebbe portare ad un aborto spontaneo) prescrivendo alla gestante un periodo di riposo a letto, l’astensione dai rapporti sessuali e una cura farmacologica. Tra i sintomi che definiscono una maternità a rischio nel secondo trimestre, invece, ci possono essere il diabete gestazionale (che si può riscontrare tramite la cura glicemica che viene effettuata tra le 12 e le 24 settimane) o la gestosi gravidica che porta ad un aumento della pressione e può portare alla scelta di procedere con un cesareo d’urgenza. Nel terzo trimestre, infine, può verificarsi un distacco della placenta o può sopraggiungere una pielite, vale a dire un’infiammazione dei reni che deve essere curata al più presto per evitare che si estenda inficiando la funzionalità degli organi. Accanto a tutte queste problematiche, poi, a trasformare una gestazione in una gravidanza a rischio possono essere alcune malattie infettive particolarmente temute in qualsiasi dei tre trimestri e che sono la toxoplasmosi, la rosolia (pericolosa soprattutto nel primo periodo) e il citomegalovirus.
Maternità anticipata: quando e come richiederla?
Nel caso in cui la gravidanza a rischio sia accertata e confermata dal proprio medico curante, è possibile richiedere al proprio datore di lavoro un congedo di maternità anticipata che, per le lavoratrici dipendenti, prevede - come la maternità obbligatoria - una retribuzione pari all’80% di quella ordinaria ma che può essere richiesta anche dalle lavoratrici sospese da meno di 60 giorni, dalle lavoratrici che stanno godendo dell’indennità di disoccupazione (oppure in cassa integrazione o in mobilità) e alle lavoratrici o libere professioniste iscritte alle gestione separata Inps. Per procedere in questa direzione è necessario presentare un certificato medico presso la ASL locale che, ricevendolo, rilascerà una copia del documento che dovrà essere presentata dalla lavoratrice al proprio datore di lavoro.
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