Maternità anticipata: cos’è e quando è possibile
La maternità anticipata per lavoro a rischio è possibile per le lavoratrici dipendenti. Per libere professioniste, disoccupate, lavoratrici in cassa integrazione o in mobilità, invece, è possibile solo in caso di gravidanza a rischio.
La maternità anticipata (diversa dalla maternità facoltativa) è quella che consente alla donna in attesa di essere esentata dal lavoro prima del settimo o dell’ottavo mese di gravidanza che, normalmente, sono i tempi previsti per l’astensione obbligatoria dall’impiego. La possibilità, riconosciuta dagli articoli 16 e 17 del D. Lgs. 151/2001, è prevista formalmente in tre casi cioè quando la gravidanza è a rischio o ha presentato – e continua a presentare - gravi complicazioni, quando le condizioni di lavoro possono influire sulla salute della gestante e/o del bambino che porta in grembo e – in ultimo – quando la donna, impiegata in lavori faticosi o insalubri, non può essere spostata ad altre mansioni.
Richiesta maternità anticipata: a chi spetta?
Le future mamme interessate dalla possibilità della maternità anticipata – per tutti e tre i casi contemplati dalla legge – sono le lavoratrici dipendenti (comprese le lavoratrici agricole e domestiche) e le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell’Inps, coloro che invece sono iscritte alla gestione separata come libere professioniste, stanno godendo dell’indennità di disoccupazione o che si trovano in cassa integrazione o in mobilità, possono godere della maternità anticipata solo nel primo caso contemplato, vale a dire quando la gravidanza è a rischio o presenta gravi complicazioni.
Domanda maternità anticipata: come presentarla?
La richiesta di maternità anticipata legata alle complicazioni della gravidanza deve essere presentata presso l’Asl territoriale dove la futura mamma deve arrivare munita del certificato medico di gravidanza e del certificato attestante le complicanze della gravidanza, documenti ai quali – a sua discrezione – potrà aggiungere ogni altra eventuale aggiunta ritenuta utile. Se il ginecologo che ha rilasciato i certificati è accreditato al Servizio sanitario nazionale, il suo certificato sarà ritenuto sufficiente mentre, in caso contrario (quando, cioè, il ginecologo esercita solo privatamente e non in ospedale) il Servizio Sanitario Nazionale procederà con un accertamento che verrà effettuato entro 7 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello di ricezione della documentazione: se la richiesta di controlli aggiuntivi non arriva entro tale scadenza la richiesta s’intende accolta. Se, invece, la lavoratrice (dipendente) deve sospendere il suo impiego in anticipo a causa dell’ambiente insalubre o delle possibili influenze del lavoro sulla sua salute e/o su quella del bambino, l’istanza deve essere presentata o da lei stessa o dal suo datore di lavoro.
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