Violenza assistita: le conseguenze sui bambini spettatori

Con Loredana Purrazzella, psicologo e psicoterapeuta familiare esperta in materia, inquadriamo la violenza assistita, quali sono le conseguenze sui più piccoli e come gestire le liti familiari.  

Molto spesso gli adulti sottovalutano le conseguenze di violenze (anche solo verbali) a cui il figlio assiste.


Qual è la definizione di violenza assistita?

"I bambini piccoli testimoni di violenza in famiglia non sono direttamente oggetto di violenza ma spettatori di una quotidianità che si svolge sotto i loro occhi: secondo il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (CISMAI) s’intende l’esperienza da parte del piccolo di qualunque forma di maltrattamento compiuto tramite atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori. Il bambino può fare esperienza di tali atti direttamente (quando avvengono nel suo campo percettivo), o indirettamente (quando il minore ne è a conoscenza). Si tratta di un maltrattamento psicologico che ha effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale. Anche se non risulta dimostrabile una correlazione lineare con l’insorgenza di esiti clinici, spesso, le conseguenze arrivano senza sintomi immediati".

Quali sono gli effetti della violenza assistita sui bambini?

"È stato dimostrato che il solo assistere alla violenza cronica fra genitori può generare nel bambino un disturbo post traumatico da stress. I piccoli provano paura e confusione nel vedere i loro genitori da una parte impotenti e disperati e, dall’altra, pericolosi e minacciosi. Uno dei danni più gravi è la percezione di non essere visti, nella loro sofferenza, dagli adulti: imparano che è normale subire botte o disprezzo nelle relazioni affettive, quindi vengono compromessi nel loro modo di vedere il mondo e abituati a minimizzare e a negare la sofferenza provata. Spesso, invece, si sentono in colpa, impotenti e incapaci di intervenire. Il bambino è esposto oltremodo a modelli educativi confusivi e laceranti, che coinvolgono la costruzione della sfera dei principi etici - il riconoscimento di ciò che è bene e male -, non potendo così sviluppare quel senso di giustizia che orienta il comportamento verso la prossimità, la cura e il bene dell’altro.
Non solo: i bambini testimoni di violenza possono mettere in atto comportamenti violenti per salvare il legame affettivo con il genitore aggressore e per avere l’illusione di una sensazione di controllo e potere. Di conseguenza si va ad incrinare la relazione tra il minore e il genitore maltrattato. Viene così meno quello spazio protetto dove può muoversi con sicurezza e fiducia, dal momento che la condizione di stress porterà la madre a non esercitare in modo corretto le proprie funzioni educative e genitoriali in genere".

E quali sono le conseguenze?

"I bambini possono sviluppare comportamenti d’accudimento verso uno o entrambi i genitori e fratelli, diventare i protettori della vittima adottando a tal fine diverse strategie. Possono imparare a dare ragione ora all’uno ora all’altro a seconda delle circostanze assumendo comportamenti compiacenti. In età scolare possono avere paura di uscire di casa perché la madre potrebbe essere picchiata in loro assenza. Oltre a danneggiare lo sviluppo neuro-cognitivo dei bambini molto piccoli, impedisce loro di provare fiducia verso genitori poco protettivi: la loro relazione di attaccamento è danneggiata, l’alimentazione e  il ciclo sonno/veglia sono disturbati e anche le abilità linguistiche vengono gravemente compromesse. È stato dimostrato che bambini molto piccoli mostrano angoscia e preoccupazione se esposti ad interazioni piene di rabbia. 

In adolescenza può comparire la depressione che può anche culminare  in comportamenti suicidari. I ragazzi che s’identificano con il padre imparano a credere che la violenza sulle donne sia un modo di comportarsi virile mentre le bambine apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive e che l’espressione di pensieri, emozioni, sentimenti è pericolosa perché può scatenare violenza. Una ricerca sul bullismo a scuola ha dimostrato che il 61% dei bambini vittime di violenza assistita diventano bulli, e che il 71% dei bambini che a scuola sono vittime di bullismo subiscono violenza assistita in famiglia".

Violenza sulle donne e recriminazioni tra moglie e marito: le due facce della violenza assistita?

"Sicuramente la violenza che il minore subisce rappresenta più della somma delle singole parti. Si conoscono bene i danni provocati dalle violenze fisiche e dagli abusi commessi dagli adulti sui bambini ma molto meno noti sono i danni  prodotti dai semplici litigi, quelli privi di grave violenza fisica che avvengono in molte famiglie, anche in quelle apparentemente normali". 

Violenza assistita e Pas: la relazione esiste?

"Esiste sicuramente una similitudine e una stretta correlazione. Si potrebbe anche pensare ad una iniziale Violenza Assistita che sfocia poi in PAS. Ma ciò che differenzia notevolmente le due tipologie di violenze, sono i ruoli degli attori coinvolti. La PAS insorge nel contesto di controversie per l’affidamento dei figli nei casi di separazioni conflittuali. La principale manifestazione è la campagna di denigrazione da parte del bambino nei confronti di un genitore che deriva dall’associazione tra l’indottrinamento di uno dei genitori che fa il lavaggio del cervello e il contributo personale del minore alla denigrazione dell’altro genitore. 
Mentre nell’ambito della violenza assistita, per lo più il bambino assiste alla violenza verbale del padre contro la madre, nei casi di PAS è spesso la madre (quasi sempre il genitore affidatario) a mettere il figlio contro l’altro genitore. Ne consegue un repentino cambiamento di atteggiamento del figlio contro il genitore denigrato senza una ragione plausibile: il bambino con Sindrome da Alienazione genitoriale è un attore partecipante a differenza del bambino che assiste alla violenza verbale esperita in famiglia".

Un consiglio ai genitori: come si fa per ridurre al minimo l'impatto sui figli? 

"Innanzitutto bisogna essere coscienti del danno che si arreca ai propri figli e non nascondersi dietro la falsa credenza che i 'bambini piccoli non capiscono'. In generale sarebbe bene evitare il conflitto a beneficio del confronto costruttivo. Spiegare sempre con parole semplici cosa sta succedendo, che può capitare che gli adulti litighino, ma che poi si chiariscono. Se i genitori discutono davanti ai figli è importante che li rendano partecipi anche del momento di riappacificazione e che ascoltino il loro dolore, dando voce anche alla loro rabbia repressa, facendoli sentire competenti, per tutto ciò che passivamente subiscono. Spesso i figli fungono da specchio: basterebbe avere il coraggio di rispecchiarsi per poi autorizzarsi a chiedere aiuto. Difficilmente una coppia che funziona litigando riesce a venirne fuori senza un aiuto esterno ed esperto. Fondamentale è che il percorso psicoterapico coinvolga tutti i membri della famiglia. Occorre ascoltare il bambino con onestà intellettuale, credere in lui, dargli fiducia, consentirgli di fidarsi e di affidarsi. D’altra parte, come ci ha insegnato Il Piccolo Principe, 'I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta'".

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