Attentato a Nizza: come spiegarlo ai bambini
Secondo la neuropsichiatra il tema dell'attacco a Nizza (così come quello degli attentati terroristici in generale) deve essere affrontato con i bambini. Ecco i consigli per la mamma e il papà: ascoltate i vostri figli prima di parlare e non generalizzate.
Come affrontare con i bambini il tema dell'attacco a Nizza? Come spiegare ai piccoli di casa, spettatori - loro e nostro malgrado - di questo ennesimo orrore, la dinamica di una barbarie che nemmeno gli adulti sanno interpretare? Insomma: come spiegare ai vostri figli che cosa è successo in Francia durante questa serata di festeggiamenti trasformata in tragedia da un tir impazzito? I suggerimenti su come affrontare l'argomento sono quelli diramati all'indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre.
Prima di tutto, infatti, è importante rispondere al dubbio di molti: bisogna proprio parlare di questi fatti con i piccoli? La risposta, secondo la presidente della Società di neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza, Antonella Costantino, non può essere che un deciso “sì”.
Anche in un momento difficile come questo, spiega infatti lei, non bisogna mai nascondere la testa sotto la sabbia quando ci si confronta con i figli. “Non si deve pensare che sia meglio far finta di nulla – esordisce – perché è impossibile che i bambini non si accorgano delle conversazioni dei genitori o delle immagini in tv”. Per iniziare il discorso, però, è inutile salire in cattedra: il primo consiglio è infatti quello di “mettersi in ascolto”.
Per evitare di esporre i più piccoli a eccessivi messaggi di ansia, spiega ancora la presidentessa del SINPIA all’ANSA, è indispensabile ricordare che i più piccoli vanno “accompagnati nella comprensione e nell'elaborazione dell'angoscia” e che, per riuscirci, bisogna “trovare il modo per partire da loro: ascoltiamo cosa si immaginano, cosa percepiscono”.
Come riuscirci? “In genere basta un commento, un generico 'che brutta cosa' perché è un modo per far capire che se ne può parlare. Immediatamente i bimbi si sentono autorizzati a chiedere. Al contrario, se percepiscono che l'adulto non vuol parlare, si zittiscono”. Una volta che la conversazione è stata avviata, poi, inutile fingere che vada tutto bene, meglio spiegare che si sta facendo il possibile per diminuire il rischio, ma che questo non è ancora completamente rientrato perché è bene che i figli fin da piccoli imparino “che c'è una parte della vita che non controlliamo, anche se possiamo agire per ridurre il pericolo”.
Infine attenzione a non parlarne ininterrottamente (“perché – spiega la Costantino – nei bambini le paure possono assumere dimensioni incontrollabili”) e a non generalizzare instillando, anche involontariamente, la paura del diverso. “Non cadere nella trappola che ci sono tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall'altra – conclude infatti la presidente della Società di neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza – e attenti alla generalizzazioni perché il rischio è che arrivi il messaggio che lo straniero o il diverso possano essere pericolosi creando così fobie immotivate nei confronti delle persone che li circondano”.
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