Unioni gay: Strasburgo condanna l'Italia che non le riconosce

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia che, non riconoscendo le unioni civili anche tra le persone dello stesso sesso, viola l’articolo 8 della convenzione. Il caso scatenato da tre coppie gay che si erano appellati guidati da Enrico Oliari.

Starsburgo ha condannato l'Italia che viola l'articolo 8 della convenzione.


Non è più solo un invito, ora è un ordine della Corte europea dei diritti umani: l’Italia deve riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso. Non farlo significa infrangere l’articolo 8, quello della convenzione che prevede il diritto al rispetto della famiglia e della vita privata, anche se le unioni sono omosessuali. E consigliano in una nota pubblicata a margine della sentenza: “un’unione civile sarebbe il modo più appropriato per ottenere il riconoscimento delle loro relazioni”.

Così, i giudici di Strasburgo, hanno risposto al ricorso di tre coppie gay che, guidate da Enrico Oliari, presidente di Gaylib - l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra -, che hanno fatto ricorso alla Corte perché sanasse la situazione italiana, dove le unioni non sono in alcun modo riconosciute.  
  
Il responso, emesso all’unanimità, è chiaro e chiede che il nostro Paese passi dalle parole ai fatti: le coppie omosessuali “hanno le stesse necessità di riconoscimento e di tutela della loro relazione al pari delle coppie eterosessuali. Per questo - scrivono i giudici - l’Italia e gli Stati firmatari della Cedu devono rispettare il loro diritto fondamentale ad ottenere forme di riconoscimento che sono sostanzialmente allineate con il matrimonio. C’è quindi un vuoto normativo da colmare”. Tanto più che “l’Italia è l’unica democrazia occidentale a mancare a questo impegno”. In realtà, tra i 47 paesi del Consiglio d’Europa, non lo rispettano nemmeno la Grecia, la Turchia, la Polonia, la Bulgaria, la Romania, la Russia, la Slovacchia e l’Ucraina. Tuttavia “la Corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

Unioni civili: un po' di storia

In Italia, la discussione sulle unioni gay, così come quella sulle unioni civili, va avanti da anni, senza che si riesca a trovare il bandolo della matassa. La prima proposta di legge risale al 1988, la presentò la deputata socialista Alma Agata Cappiello: nessuno, mai, la prese in considerazione. Passarono dieci anni e tra il 1996 e il 2001, vennero scritti diversi disegni di legge che non vennero mai calendarizzati nei lavori parlamentari. Nel frattempo, correva il 1994, una risoluzione del Parlamento Europeo aveva invitato la Commissione Europea a rimuovere “gli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni”.

Il 2005 fu l’anno dei cosiddetti Patti civili di solidarietà (PACS), proposti dai Democratici di Sinistra ma il centrodestra li cassò. Il 2007 fu quello dei DICO - DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi -, che riconoscevano alle coppie omosessuali ed eterosessuali non sposate nuovi diritti, tra cui la successione, la pensione e i contratti di affitto. Il disegno di legge fu approvato dal ministro della Famiglia, Rosy Bindi, e dal ministro per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, ma non piacque a nessuno, né agli attivisti gay, tanto meno alle associazioni cattoliche e partiti di centrodestra. Il 12 maggio 2007, il Family Day che riversò su Roma più di 200mila persone, mise fine alla discussione. 

Nel 2010 è la Corte Costituzionale che, interpellata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento in merito al matrimonio fra persone dello stesso sesso nella storica sentenza 138, scrive: “In tale nozione [della forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione] è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.

Il resto è cronaca: quella scritta da alcuni comuni italiani - Roma, Bologna e Milano - che hanno iscritto nei registri di stato civile i matrimoni celebrati all’estero fra coppie gay, equiparandoli di fatto ai matrimoni eterosessuali per quanto riguarda gli affari comunali. Iniziativa che mandò su tutte le furie il ministro dell’Interno Angelino Alfano che, però, dovette accettarla il 10 marzo 2015, quando il TAR del Lazio ha dato ragione al Comune, approvando la trascrizione. Di recente, il Celebration Day andato in scena a Roma, dove 17 coppie - etero e omosessuali - si sono scambiate gli anelli dopo anni di convivenza ha riproposto la questione.

Il disegno di legge Cirinnà

Ora sul tavolo del Senato giace il disegno di legge Cirinnà, il provvedimento approvato dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sperava di approvare entro la primavera ma su cui, ad oggi, pendono 1.500 emendamenti. Diciannove articoli che riconoscono anche le unioni civili tra persone delle stesso sesso e i matrimoni contratti all’estero, ma non prevedono le adozioni per le coppie omosessuali se non in caso di riconoscimento di un figlio di uno dei due. Diciannove articoli che equiparano diritti e doveri di tutti gli altri a quelli delle coppie sposate.

Il dibattito è scatenato tra chi, come il parlamentare Pd, Ivan Scalfarotto ha portato avanti per giorni uno sciopero della fame interrotto solo oggi, perché la questione venisse affrontata e risolta e chi, come gli alleati del Nuovo Centrodestra, ha fatto slittare l’esame del provvedimento. In mezzo c’è la Conferenza del vescovi italiani che prova a rallentare i tempi ridimensionando la faccenda: “Rispetto alle urgenze che si impongono - ha fatto sapere il segretario generale della conferenza episcopale, monsignor Nunzio Galantino - è paradossale questa attenzione. Peccato non poterne riscontrare altrettanta in effettive misure di sostegno alla famiglia”. Proprio qui sta il problema, nel fatto che, sempre da Strasburgo, il concetto di famiglia è cambiato e la società deve adeguarsi per tutelare tutti quelli che ne fanno parte.

Copyright foto: Fotolia
Potrebbe anche interessarti
Il documento intitolato « Unioni gay: Strasburgo condanna l'Italia che non le riconosce » dal sito Magazine delle donne (magazinedelledonne.it) è reso disponibile sotto i termini della licenza Creative Commons. È possibile copiare, modificare delle copie di questa pagina, nelle condizioni previste dalla licenza, finché questa nota appaia chiaramente.