Carnivori in via d'estinzione: la via di mezzo dei "reducetariani"
Carne in tavola: la crisi ha più che dimezzato i consumi. A sposare una buona nutrizione con l'economia e l'ecosistema ci pensano i "reducetariani", gli adepti del motto "meno carne ma di miglior qualità". Con tanto di istruzioni per l'uso.
Dopo i panda, i prossimi sulla via dell’estinzione sono i carnivori. Umani, s’intende. Metti la crisi economica che ha ridotto del 68% i consumi di carne nel Vecchio Continente (indagine SWG sul tema dell'accesso al cibo nei Paesi Ue), metti i moniti dei nutrizionisti, metti le celeb che sempre più convinte sposano la dieta senza proteine animali (da Gwyneth Paltrow a Stella McCartney) facendola diventare cool, il risultato è che sulle nostre tavole bistecche, salsicce e arrosti, sono sempre più l’eccezione che confermano la regola. Il che, agli occhi degli esperti, non è sempre un bene e molto spesso è un illusione, visto che, dicono le statistiche, solo una persona su cinque (meno del 20%) rimane ferma nelle proprie convinzioni, mentre per tutti gli altri sono in agguato i ripensamenti, tanto che più della metà (53%) rinuncia dopo un anno e il 30% dopo appena tre mesi.
Lungi dalle scelte estreme che la bandiscono del tutto, ora la nuova filosofia è quella “reducetariana” dal nome del suo ideologo, Brian Kateman, giovane ricercatore dell’americana Columbia University nel dipartimento di Ecologia e biologia ambientale. In sintesi, il monito è quello degli antenati latini: in medio stat virtus. In pratica, si mangia meno carne ma di miglior qualità, preferendo quella di animali allevati al pascolo rispetto a quelle ottenute da bestiame allevato in maniera intensiva.
Atteggiamento che ben si sposa con il monito lanciato dai ricercatori alla luce dei risultati dell’indagine di SWG che ha evidenziato come “circa il 50% ammette di non avere una dieta equilibrata. In particolare, tra gli alimenti assenti più spesso nell'alimentazione o consumati meno di una volta alla settimana spiccano le carni e il pesce". Secondo Maurizio Pessato, presidente SWG, "si tratta di una carenza legata non solo a scelte e preferenze individuali, ma dettata soprattutto da ragioni economiche. Le criticità maggiori sono in Italia e Francia: in Italia, dove la crisi è stata più forte, la percezione è che si siano ridotti tutti i consumi di carne, con un picco sulle carni di vitello e manzo". Il rischio è che un'alimentazione carente si trasformi in malnutrizione. Deriva che i reducetariani promettono di arginare.
Come, chi, dove, quando e perché lo spiega il fondatore Brian Kateman sul suo blog : “Si tratta di una identità e una comunità composta da individui che si sono impegnati a mangiare meno carne rossa, pollame, pesce e carne di qualsiasi altro animale”. Diventare reducetariani è una scelta alla portata di tutti, assicura. Un comportamento che procede un passo alla volta: “È necessario iniziare con un primo mese di riduzione del consumo di carne, abbinato però a un incremento della qualità dei prodotti d’origine animale consumati. Inoltre di pari passo dovrebbe venire ridotta l’assunzione di formaggi e latticini”. Insomma, calendario alla mano, si mangia la carne a giorni alterni, mai a pranzo e a cena, e senza esagerare nelle porzioni. Senza dimenticare che almeno un giorno alla settimana è dedicato alle verdure.
Ed è solo l’inizio, perché Kateman non pensa solo al benessere degli uomini ma anche a quello dell’ecosistema. “Il nostro secondo obiettivo - spiega il ricercatore - è formare dozzine di ‘ambasciatori reducetariani’ che conducano laboratori nelle scuole sul cibo e la sua sostenibilità”. Questo perché non tutti sanno che meno carne significa riduzione del riscaldamento globale: “il settore degli allevamenti di bestiame è responsabile di quasi il 15% delle emissioni globali - spiegava Rob Bailey, autore dello studio del think tank Chatham House presentato in occasione della maxi-conferenza Onu di Lima dello scorso dicembre. “Quantità simili a quelle prodotte da tutte le automobili, camion, aerei, treni e navi nel mondo".
Una sfida possibile che dopo aver lanciato sul blog, sui social con l’hashtag #lessmeat, ovvero meno carne, i reducetariani hanno promosso anche con una campagna di crowdfunding su Indiegogo, da destinare alla promozione di ricerche e corsi scolastici su alimentazione e sostenibilità ambientale. Una sfida che ben si sposa alla luce dei dati Eurispes secondo cui il 43,2% di chi dice addio alle proteine animali (in Italia una popolazione che conta quasi 7 milioni di adepti) lo fa, anzitutto per ragioni legate alla salute (43,5%), seguono le motivazioni ideologiche legate al rispetto per gli animali (29,5%) e, infine, quelle relative alla tutela dell'ambiente.
Insomma, un po’ per necessità, un po’ per virtù e anche un po' per gusto, è sempre valida la vecchia regola, in medio stat virtus.
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