Aumentare il seno: la mastoplastica che combina protesi e lipofilling

Le nuove tecniche usate per la mastoplastica additiva associano il tradizionale impianto di protesi di silicone all’autotrapianto di grasso. Per correggere piccoli difetti e ottenere risultati ancora migliori.

La nuova tecnica per la mastoplastica additiva abbina il tradizionale impianto di protesi di silicone al lipofilling.


La mastoplastica additiva è il ritocco numero uno al mondo. Secondo l’ISAPS (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), nel 2013 sono stati eseguiti 1.773.584 interventi per rimodellare e ingrandire il seno. Un’operazione che oggi può avvantaggiarsi di una nuova tecnica, che abbina il tradizionale impianto di protesi di silicone con il lipofilling, cioè l’autotrapianto di grasso, per ottenere risultati migliori e una forma il più possibile armoniosa e naturale. A illustrarci i dettagli di questa tecnica è il prof. Fabrizio Malan, primario della Chirurgia Plastica e Ricostruttiva della Città della salute e della scienza di Torino e presidente della SICPRE (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica).

In che cosa consiste l’intervento che abbina protesi e lipofilling?

In questo tipo di intervento si continuano a utilizzare le protesi di silicone per dare il volume al seno. Il lipofilling serve per migliorarne la forma e correggere piccoli difetti (asimmetrie della parete toracica, curvatura delle costole o inserzione delle costole nello sterno) che creano diversità tra un lato e l’altro. È utile per armonizzare le forme e per dare una rifinitura del contorno dopo avere inserito le protesi, ad esempio quando esiste una depressione a livello del capezzolo nei seni svuotati dopo una gravidanza. Oppure per evitare che il margine superiore della protesi sia visibile, rendendo riconoscibile il ritocco. Il lipofilling corregge i difetti come nessuna protesi potrebbe fare

La premessa per l’intervento, naturalmente, è che la paziente abbia delle riserve di grasso alle quali attingere. Poi, una volta inserite le protesi, si esegue una piccola lipoaspirazione prelevando il grasso attraverso una piccola incisione, con una cannula da 2mm, dalla zona periombelicale, dai fianchi o dalle cosce. Successivamente il grasso viene trattato, lipocondensato - per metterlo il più possibile in condizione di “attecchire” - e inserito nel seno. Il tutto avviene in sala operatoria, durante lo stesso intervento. 

Quali sono i costi?

Un intervento di mastoplastica costa tra i 7500 e i 9000 euro. L’aggiunta del lipofilling sposta il costo verso la parte alta della forbice, per il tempo e i materiali necessari. Si tratta di un'operazione semplice, che migliora il risultato della mastoplastica, ma l’incidenza sul costo è modesta, dato che prolunga l’intervento di soli 15-30 minuti

Perché non si può usare solo il lipofilling per la mastoplastica, evitando l'inserimento di protesi di silicone?

Esiste la mastoplastica additiva con trasferimento di grasso ma ha indicazioni limitate. Innanzitutto, bisogna avere il grasso necessario per poterlo trasferire e ottenere il volume desiderato. In secondo luogo, dobbiamo ricordare che il grasso trasferito vive nella prima fase - finché non è attecchito - grazie all’imbibizione dei tessuti che gli stanno intono. Di conseguenza, vivrebbe solo quello in periferia a contatto con i tessuti vitali, mentre il resto andrebbe in necrosi. Negli USA viene utilizzata la tecnica BRAVA: per un mese prima dell’intervento viene applicato un apparecchio sul seno per creare una dilatazione degli spazi tra le cellule in modo da ottenere maggiori possibilità per inserire e fare attecchire il grasso trasferito. Si tratta però di una procedura che richiede molto tempo.

Ci sono rischi e/o controindicazioni?

A parte i rischi generici di qualsiasi intervento chirurgico, esistono rischi di infezione maggiori – dato che il grasso viene aspirato e poi reiniettato - se l’intervento non viene eseguito in una sala operatoria adeguatamente sterile. Sono stati espressi dubbi sul trasferimento di grasso, perché si potrebbero formare micro calcificazioni confondibili con quelle che sono il campanello di allarme per le patologie mammarie. In realtà, un bravo radiologo sa riconoscere bene la differenza tra le due.
Esiste poi un rischio secondario, cioè che il grasso trasferito si riassorba e che il risultato non sia soddisfacente. In ogni caso, va detto che il grasso che attecchisce resta stabile compatibilmente con la massa corporea. Se una donna dimagrisce di molti chili dopo l’intervento, è ovvio che anche il seno ne risentirà.

Questa tecnica va bene solo per la mastoplastica con fini estetici o anche per quella ricostruttiva post-oncologica?

Tecnicamente potrebbe funzionare anche per gli interventi di ricostruzione. Esistono però riserve cautelative, dato che nel tessuto adiposo ci sono cellule staminali che – detto in parole povere - tendono a diventare uguali alle cellule che stanno attorno e hanno una capacità di riprodursi superiore alle altre cellule. Questo, in una zona in precedenza interessata da un tumore, è rischioso. Al limite, si potrebbe pensare a una ricostruzione a distanza, ma solo dopo che il follow up dei 5 anni previsto dopo la malattia sia stato superato. 

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