Radiazioni ionizzanti: effetti sulla salute e misure di protezione

Naturali o artificiali, le radiazioni ionizzanti espongono quotidianamente le popolazioni della terra. In alcuni casi queste radiazioni hanno degli effetti benefici sulla salute, mentre con dosi in gran quantità o a lungo termine possono essere nocive.

Cosa sono le radiazioni ionizzanti

L’OMS definisce le radiazioni ionizzanti come “un’energia liberata da degli atomi che si propaga attraverso onde elettromagnetiche (onde gamma o raggi x) o particelle (neutroni, particelle beta e alpha)”. Esse corrispondono a energie emesse in eccesso da elementi instabili, nello specifico dei radionuclidi disintegrati, che emettono radiazioni ionizzanti.

Fonti delle radiazioni ionizzanti

Le radiazioni sono prodotte da fonti naturali quali acqua, sole, aria o artificiali. In merito l’OMS sottolinea che gli esseri umani vi sono esposti nel quotidiano. Da notare che in alcune zone, l’esposizione ai raggi può rivelarsi 200 volte più intensa che la media. Le fonti artificiali delle radiazioni ionizzanti si trovano principalmente nelle installazioni che producono energia nucleare, ma anche per dispositivi medici di diagnosi e trattamento, come la radiografia.

Esposizione

L’esposizione alle radiazioni ionizzanti può essere interna o esterna e le circostanze possono variare: domicilio, luoghi pubblici, attività professionali in contesto medico. L’OMS definisce l’esposizione interna come la penetrazione di un radionuclide nell’organismo, per inalazione o ingestione. L’esposizione è considerata come terminata quando il radionuclide è eliminato spontaneamente o con l’aiuto di una cura medica. L’esposizione esterna corrisponde al deposito sulla pelle o sui vestiti di materie radioattive in sospensione nell’aria (aerosol, polvere, liquidi). Un semplice lavaggio consente di eliminarli. Secondo l’OMS, l’esposizione può ugualmente essere dovuta ad una radiazione esterna sita in un contesto sanitario, ad esempio. L’irradiazione può arrestarsi una volta che la persona è uscita dal campo o una volta che la fonte è stata respinta.

L’OMS classifica le situazioni d’esposizione in tre categorie: situazione previste (lavoro presso fonti di radiazioni in contesti sanitari, industriali o di ricerca), esposizione esistente (radiazioni nelle abitazioni o nei luoghi di lavoro, radioattività naturale in ambiente) e situazioni d’urgenza che necessitano di un intervento medico immediato (incidenti nucleari o atti di vandalismo). Secondo l’OMS l’utilizzo medico corrisponde al 98% dei raggi d’origine artificiale, da ogni tipo di fonte e per il 20% da esposizione totale.

Effetti sulla salute

L’OMS indica che le radiazioni possono provocare dei danni ai tessuti e agli organi, con un tasso di gravità variabile a seconda del tipo di radiazioni e della sensibilità dell’individuo. La dose efficace si esprime in Sievert (SV.) e consente di misurare la nocività delle radiazioni. Essa considera il tipo di radiazioni e la sensibilità dei tessuti e degli organi. Gli effetti acuti delle radiazioni sono spesso osservati con manifestazioni a livello cutaneo quali rossori della pelle, bruciore, perdita di capelli o sindrome acute da radiazioni. Il dosaggio limite per l’apparizione di tale sindrome è di 1SV (1000 mSV). I bambini e gli adolescenti costituiscono la popolazione più a rischio a causa di una sensibilità superiore a quella degli adulti. Più il dosaggio aumenta più le manifestazioni sono gravi. Al contrario il rischio è minore se la dose ricevuta è bassa o diffusa su lungo periodo, poiché la probabilità di riparazione delle lesioni è più importante.

L’esposizione a radiazioni ionizzate a lungo termine può provocare cancro e secondo studi epidemiologici, il rischio di cancro può aumentare ad esposizione di dosi basse su alcuni tipi di popolazioni: dai 100 m SV per coloro che vivono in zone di bombardamenti o pazienti sotto radioterapia, e a partire dai 50 m SV oer coloro che sono stati esposti durante la loro infanzia (tomo densitometria pediatrica). È possibile che si manifestino lesioni del cervello nel feto in caso di esposizione prenatale: dosi superiori a 100 msV tra le 8 e le 15 settimane di gestazione o superiore a 200mSv tra la 16esima e la 25 esima settimana. Gli studiosi non hanno dimostrato, al momento, la presenza di rischi per lo sviluppo del cervello del nascituro prima dell’ottava settimana di gravidanza, né dopo la venticinquesima settimana. Il rischio di cancro indotto da un’esposizione prenatale è equivalente a quello di un’esposizione durante la prima infanzia.

Risposta dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS)

L’OMS indica di aver creato un programma specifico di protezione contro i rischi correlati all’esposizione delle radiazioni destinate ai pazienti, ai lavoratori e al grande pubblico. Il programma tiene in considerazione tre tipi di situazioni d’esposizione. L’OMS si applica ugualmente a far rispettare le norme internazionali di sicurezza relative alle radiazioni (BBS) e contribuisce alla loro revisione e modernizzazione.

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