Bambini transgender: la rivoluzione dei Boy Scout
Porte aperte ai bambini transgender: la svolta dei Boy Scout americani che da oggi accetteranno aspiranti lupetti in base al sesso dichiarato, non quello scritto sul certificato di nascita.
I Boy Scout americani aprono le porte ai bambini transgender: dopo averle chiuse in faccia a Joe, il piccolo nato bambina 8 anni fa ed espulso nel 2015 dai lupetti del New Jersey per pressioni dei genitori (degli altri bimbi) che non gradivano il suo status, ora le spalancano a tutti (omosessuali compresi, ma questa è rivoluzione del 2013 e del 2015) precisando che “ammetteremo e registreremo i giovani in base all’identità di genere indicata sulla domanda”. Insomma, al momento dell’iscrizione il certificato di nascita non è più vincolante dal momento che “questo approccio - ha spiegato Michael Surbaugh, direttore dei Boy Scouts - non è più coerente con le leggi degli Stati che interpretano l'identità di genere in modo differente”.
Il passo avanti è notevole: abbattendo un divieto in vigore da più di un secolo, i Boy Scout dimostrano di voler stare al passo dell’educazione nel nome della libertà e dell’armonia con la natura. E anche dei tempi che cambiano in materia gender: vedi la scelta della serie tv Modern Family d’inserire la storia di Jackson Millarker, un bimbo transgender, e quella del National Geographic di dedicare la prima cover del 2017 ai bimbi transgender, raccontando la "rivoluzione di genere" di Avery Jackson e di altri 50 giovanissimi.
Una rivoluzione tanto complicata quanto inevitabile, come hanno raccontato Rosie e Matt Downes a proposito di loro figlio Joe, il trans più giovane della storia che ha manifestato la sua identità femminile a soli 18 mesi. Nessuno sa come sia andata al lupetto Joe, certo è che non prese bene la sua cacciata e non esitò a raccontarlo ai giornali, creando un caso. “Questa situazione mi fa impazzire - aveva dichiarato al Record, il quotidiano del New Jersey, appena espulso dai Boy Scouts -. Avevo una faccia triste, ma non piangevo. Sono molto più arrabbiato che triste. La mia identità è quella di un ragazzo. Se fossi in loro, lascerei che ogni persona del mondo possa fare parte del gruppo. È la cosa giusta da fare”. Così è stato, per la felicità dei genitori (i suoi): “Sapere che può andare dove vuole e che nessun altro bambino può essere cacciato mi fa stare bene” dice oggi la mamma Kristie.