Educazione sessuale: ecco come funziona all'estero
In Olanda l'educazione sessuale si studia a scuola, dai 4 ai 15 anni, in Danimarca fanno lezione (anche) prostitute e omosessuali, in Austria i genitori partecipano alle lezioni. In Italia, il nulla.
Anche in fatto di educazione sessuale l’Italia gioca a nascondino: decine e decenni di proposte per portarla nelle scuole si sono arenati tra i banchi della politica. Per ultimo ci ha provato Rocco Siffredi, lanciando una petizione su Change.org perché sbarchi tra le materie scolastiche e proponendosi professore in materia ma, ad oggi, ancora non si è visto.
Risultato: di educazione sessuale si parla nei consultori (ma bisogna andarci) e non nelle aule, a meno che non ci siano i soldi per attivare i corsi (di questi tempi manca anche la carta igienica, figurarsi per pagare l’educatore sessuale) o, in alternativa, la libera iniziativa di qualche insegnante illuminato che deve poi fare i conti con qualche genitore meno illuminato.
Eppure l’educazione sessuale potrebbe fare la differenza. Potrebbe, per esempio, contribuire a rendere consapevoli i giovani sul rischio delle malattie, su che cosa implica una gravidanza precoce e senza dubbio anche a garantire una migliore salute fisica e psicologica della popolazione. Anche se per quest’ultimo punto gli esperti si appellano più all’educazione sentimentale, scivolosissimo terreno che ha già impantanato la Buona scuola alle prese con i (falsi) timori sull’introduzione della teoria gender.
Perché anche se piccola, la Buona Scuola che ha debuttato a settembre 2015 ha introdotto una novità: l’educazione di genere. Lo scopo, precisò ai tempi la senatrice Pd Laura Puppato è "ridurre gli stereotipi dei ruoli sociali di uomo e donna e combattere la violenza di genere con la cultura del rispetto e della reciprocità". Ma il testo però, che "si compone di soli 8 articoli, non tocca quasi per nulla l’educazione sessuale, che pure sarebbe un tema da inserire nei programmi scolastici" precisava la Puppato. Eppure, si diceva potrebbe fare la differenza.
In Olanda s'inizia a 4 anni
Tra i primi a capirlo ci sono gli olandesi dove i primi programmi in materia risalgono agli anni ’60 e nei decenni di esperienza se n’è maturata: oggi l’educazione sessuale inizia a 4 anni e finisce a 15. Prima il corso si chiama Relationship and Sexuality, poi Long Live Love. Adottato dal 10% delle scuole (circa 70mila alunni) prevede 50 ore di educazione sessuale a tutto tondo, dalla nudità alla pubertà, dalla contraccezione all’omosessualità. Ma non solo: aggiornato tre volte dall’anno di debutto (1990), il Long Live Love comprende anche 6 dvd, un sito, una rivista e 6 lezioni annuali dedicate a tra i 13 e i 15 anni e incentrate su tematiche più complesse: dalla percezione di sé a quella dell’altro genere, fino all’amore e al significato di sesso e di abuso sessuale.
Prostitute e omosessuali in Danimarca
Precoci in materia anche i danesi che dal 1991 insegnano l’educazione sessuale nelle scuole primarie e nel primo anno delle superiori, tra un’ora di matematica e una di scienze ma gli studenti possono fare domande a tutti i professori (che sono stati formati in appositi corsi) e se il problema viene sollevato se ne parla, a prescindere dall’insegnante che sta in cattedra. Ma non solo: alcune lezioni sono affidate a prostitute e omosessuali per approfondire tutto lo scibile in materia e i genitori non possono astenere i figli dal frequentarle.
Il cartoon svedese
Un passo avanti anche gli svedesi che nel 1995 hanno reso la sex och samlevnadsundervisning, l’educazione sessuale, obbligatoria nelle scuole per gli alunni tra i 12 e i 13 anni. Per arrivare dritti alle orecchie dei liceali, invece, nel 2011 il compito è stato affidato (anche) al Sex på kartan, il cartoon che parla senza giri di parole prodotto dalla Riksförbundet för sexuell upplysning, l’Associazione svedese per l’educazione alla sessualità, e dalla società pubblica Swedish Educational Broadcasting Company.
In Austria con i genitori
Anche in Austria, dove la Sexualerziehung, l’educazione sessuale, è obbligatoria dal 1970 s’inizia presto: alle elementari se ne parla durante l’ora di biologia, ma nulla vieta di affrontarla durante le ore di tedesco e religione. A tracciare le linee guida del programma è il Ministero che lascia agli istituti la libertà di adottare un progetto piuttosto che un altro. Uno dei più diffusi (perfino in Germania, Sud Tirolo e Repubblica Ceca) è Love Talks, nato nel 1990, che include i genitori ai docenti nelle lezioni in classe.
In Germania vietato astenersi
A proposito di Germania, è grazie alla legge sulla gravidanza e la famiglia del 1995 se l’educazione sessuale è diventata obbligatoria in tutti gli istituti. Lo sanno bene le cinque coppie di genitori di fede battista del Nord Reno-Westfalia multate perché avevano impedito ai figli di prendere parte alle lezioni. Il loro ricorso, presentato alla Corte Costituzionale, è stato respinto dal momento che l’educazione sessuale garantisce la salute sessuale e riproduttiva dei ragazzi. Non contente, le famiglie hanno scomodato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che il 22 settembre 2011 ha confermato la bocciatura.
In Francia contro l'Hiv
I nostri vicini francesi, invece, dal 1996 concentrano l’educazione sessuale nelle scuole anche alla prevenzione dell’Hiv. A promuovere la materia - obbligatoria dal 2001 in tutte le scuole di ogni ordine e grado con almeno tre diversi cicli di lezioni all’anno - è l’Haut Conseil à l’Egalité (che nel 2013 ha rimpiazzato il Conseil Supérieur de l’Information Sexuelle, attivo dal 1973) e anche Oltralpe i docenti sono formati con un corso di aggiornamento di due ore l’anno sulle nuove politiche relative ai diritti e alla salute sessuale.
La desolazione italiana
Fanalino di coda in Europa, l’Italia ne parla dal 1902 (il ministro dell’Istruzione che rispondeva ad un’interrogazione in materia si chiamava Nunzio Nasi) ma non si è arrivati a nulla. L’unico è stato Lupo Alberto: correva il 1991, l’allarme Hiv era alle stelle e il ministero della Sanità commissionò a Silver un opuscolo per istruire i ragazzi delle scuole medie e superiori su come ci si difende dall’Aids usando un preservativo. Come ti frego il virus fu stampato in 300 mila copie ma il ministero dell’Istruzione (prima Riccardo Misasi, poi Rosa Russo Iervolino, entrambi democristiani) non ci sta e lo blocca con la scusa che l’iniziativa non era stata “concordata dai due ministeri”. Francesco De Lorenzo, Ministro della Sanità replicò che “Forse le cause sono altre, tabù inviolabili anche se non dichiarati…”. Sia come sia, Lupo Alberto viene rimpiazzato da un (eloquente) libretto dal titolo Non ho l’età. Insomma, nel dubbio meglio astenersi. Chissà quando arriverà l’età giusta perché l’Italia si decida a stare al passo con i tempi. E con la prevenzione.
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