Lezioni Gender: i falsi timori sulla riforma della Buona scuola

Nessun riferimento alla teoria Gender è presente nella riforma della Buona Scuola. Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini  ha precisato: "chi lo dice non ha letto la legge che parla solo di educazione alla parità".

Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha fugato gli ultimi dubbi sulla teoria gender nelle scuole.


A pochi giorni dal debutto della Buona Scuola, in rete sbucano gli spauracchi dell’introduzione, durante le lezioni, della teoria Gender. Ebbene, “sgombriamo subito il campo dalle bugie e dalle inesattezze: nella riforma della buona scuola non c’è alcun riferimento” fa sapere la deputata del Partito Democratico Camilla Sgambato, insegnante e componente della commissione cultura che ha seguito tutto il lavoro parlamentare che ha portato alla riforma della Buona Scuola.

Laura Puppato, senatrice Pd, le fa eco in un articolo scritto su Il Fatto Quotidiano: “Il testo si compone di soli 8 articoli e parla di educazione di genere, non toccando quasi per nulla l’educazione sessuale, che pure sarebbe un tema da inserire nei programmi scolastici. Lo scopo è ridurre gli stereotipi dei ruoli sociali di uomo e donna e combattere la violenza di genere con la cultura del rispetto e della reciprocità. Gli stessi toni vennero usati qualche mese fa contro alcune scuole che avevano inserito 'giochi del rispetto' per i bambini”. 

Insomma, niente panico. Gli studenti non avranno a che fare con educazione alla masturbazione piuttosto che avviamento alla prima volta (anche tra compagni dello stesso sesso) tanto meno verranno trattati come degli asessuati. Eventualità paventate dalla rete che, per altro, non hanno nulla a che fare con gli studi di genere (gender studies) che chiamano in causa. A voler essere precisi, infatti l'approccio multidisciplinare nato in Nord America a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta si propone di affrontare gli esseri umani tenendo conto, da un lato dell'identità biologica (sesso), dall'altra del genere, ovvero quella costruzione culturale e rappresentativa fatta anche di comportamenti. Due dimensioni interdipendenti che danno vita allo status di uomo e donna. Tant'è, la bufala è montata e a questo punto vale tutto.

L’equivoco – ipotizza la Sgambato – nasce forse dall’articolo con il quale è previsto, testualmente, che 'il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni' ”. 

Tradotto: gli studenti verranno sensibilizzati contro la violenza di genere e le discriminazioni, all’insegna del rispetto delle pari opportunità tra uomo e donna. Capisaldi che dovrebbero essere alla base di qualsiasi società. Chi, ancora oggi, continua a leggere tra le righe della riforma echi della teoria gender “o è colto da ignoranza o da mala fede - sottolinea la deputata Sgambato -. Forse è solo un modo per screditare, senza fondamento, una riforma che sta provando a regalare al Paese una Buona Scuola e per carpire le firme per il referendum contro di essa. Un tentativo non solo maldestro, ma anche dannoso perché, urlando all’orrore, alimenta sentimenti di intolleranza e di paura. Il percorso verso la Buona Scuola è segnato e nessuna catena di pregiudizi e bugie lo rallenterà”. 

A dire l’ultima parola è stata il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini in un’intervista al Corriere, lo scorso 1 settembre: ”Lo dico una volta per tutte: la Buona scuola non contiene alcun riferimento alla teoria gender, chi lo dice non ha letto la legge che parla solo di educazione alla parità”. Tutto il resto sono chiacchiere da bar di pessimo gusto.

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