Minigonna: storia (e gossip) di un capo iconico
Capo simbolo della protesta al femminile, la gonna in versione mini è diventata negli anni un must have sulle passerelle, ma la sua paternità resta discussa. Ecco la storia di un’icona della moda.
Minigonna: un capo tra i più diffusi che tutte hanno (o hanno avuto) nell’armadio e sfoggiano (o hanno sfoggiato) negli outfit più vari, dal daily look all’abbigliamento per le serate più divertenti. Quello che però oggi è a pieno titolo un capo di abbigliamento socialmente accettato, non ha però sempre goduto di questo status e, nei decenni, ha scosso più di un animo. Ecco, in pillole, la storia di questa icona fashion.
Chi è l’inventore?
La nascita e soprattutto la paternità della minigonna sono ancora oggi un argomento di accesa discussione tra gli addetti ai lavori. L’opinione più accreditata vuole che il capo simbolo della Swinging London abbia un padre “biologico” e una madre “adottiva”. Il primo sarebbe – secondo le teorie - il sarto francese, ingegnere pilota e tagliatore per lo stilista spagnolo Cristobal Balenciaga, André Courrèges che, in patria, avrebbe proposto per primo una collezione di mini-jupe e miniabiti presentandola nel 1964 in passerella. La maternità “adottiva”, al contrario, spetterebbe secondo gli esperti alla stilista britannica Mary Quant che avrebbe rielaborato il modello francese ispirandosi all’automobile Mini.
Il simbolo della Swinging London
Mary Quant effettivamente iniziò, dagli anni '50 in poi, a produrre abiti dall’orlo sempre più corto che trovarono subito una folta schiera di ammiratrici tra le clienti del suo mitico negozio Bazaar sulla Kings Road di Londra. Al ritmo delle canzoni dei Beatles, così, il negozio conobbe il successo tra le giovanissime e la stilista decise di lanciare il suo modello di gonna corta trovandosi una testimonial. La scelta cadde, ai tempi, su Leslie Hornby che all’epoca era una sconosciuta 17enne parrucchiera del posto ma che – subito dopo - sarebbe stata destinata alla fama internazionale con il nome di Twiggy. Questa scelta segnò il trionfo della designer inglese.
La storia della minigonna
Mary Quant e André Courrèges sono dunque considerati dagli storici della moda un po’ i genitori di questo capo che, però, ha in realtà una storia ben più antica. Già alla fine del XIX secolo, infatti, il movimento femminista iniziò a considerare le gonne confezionate secondo la foggia dell’epoca troppo lunghe e scomode, tanto che la femminista francese Hubertine Auclert creò la Lega per le gonne corte. Questa Lega contagiò – loro malgrado - un po’ tutte quando, durante la prima guerra mondiale, le donne dovettero rimboccarsi le maniche per lavorare in fabbrica mentre gli uomini erano al fronte. Le donne improvvisamente lavoratrici si trovarono così a fronteggiare la scomodità assoluta degli abiti troppo ampi e troppo lunghi optando, in massa, per modelli più corti e meno vaporosi.
La mini-jupe tra sport e spettacolo
Nel secondo dopoguerra, con il New Look di Christian Dior, la lunghezza degli orli si modificò di nuovo velocemente tendendo, questa volta, risolutamente verso il basso. Tra le grandi eccezioni, però, figurano il mondo dello sport e quello dello spettacolo. Se una specie di minigonna fu infatti già indossata dalla tennista Suzanne Lenglen nel corso dei VII Giochi Olimpici di Anversa, a partire dagli anni Quaranta questa passione per l’orlo corto contagiò il mondo dello spettacolo come dimostrano alcuni scatti di Marilyn Monroe e Ava Gardner. Da allora lo showbusiness (anche nostrano) difficilmente ha fatto a meno di questo capo. Un esempio su tutti? Ovviamente Raffaella Carrà.
Copyright foto: Fotolia