Venerdì 17: origini della leggenda (e consigli anti-sfortuna)
La scaramanzia corre sui social per combattere la jella. Ma perché venerdì 17 porta sfortuna? Il significato risale alla Bibbia (e all’Antica Roma). Contro l’eptacaidecafobia bando agli scetticismi perché, come dice Eduardo de Filippo, “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.
La superstizione, lo dimostrano numerosi studi scientifici, è innata nell’uomo e, a sorpresa, anche in certi animali ma certamente venerdì 17 è una data che, scaramantici o meno, amano in pochi. Le origini sono lontanissime e tipicamente italiane (gli anglosassoni, per esempio, temono di più quando venerdì cade il 13 del mese perché proprio in un venerdì 13 venne dato l’ordine di sterminare i templari) e affondano addirittura nell’antica Roma.
Il perché è presto detto: sulle tombe dei nostri antenati latini era abitudine apporre la scritta VIXI cioè “ha vissuto” ovvero, in buona sostanza, non vive più quindi è morto. Cosa c'entra? La parola altro non è che l’anagramma di XVII, 17 scritto in numeri romani. Ma non solo. Secondo l’Antico Testamento, per esempio, il diluvio universale iniziò proprio “il 17 del secondo mese” (lo dice il libro della Genesi: 7-11) e anche sul fatto che il venerdì sia un giorno sfortunato il cristianesimo non può che essere d’accordo visto che il Venerdì Santo è il giorno della morte di Gesù. Non basta ancora.
Anche i Greci, specialmente i pitagorici, non vedevano di buon occhio questa data perché il 17 si trova tra due numeri perfetti (16 e 18) interrompendo la sequenza. Poi contribuirono i fatti storici perché "sfortuna volle" che a questa data, negli anni, fossero associati eventi talmente negativi da essere considerati frutto di una jella cosmica come la battaglia di Teutoburgo del 9 d.C. che i romani combatterono contro le popolazioni germaniche venendo sconfitti e assistendo alla distruzione di ben tre legioni (manco a dirlo anche dello schieramento numero 17).
Ai giorni nostri il terrore per questa data ha dato origine a un vero e proprio disturbo, l’eptacaidecafobia, e nella smorfia napoletana al 17 corrisponde l’impiccato che, diciamocelo, non è un buon auspicio. Come combattere la paura del “non è vero ma ci credo”? Secondo i social condividendo cornetti, ferri di cavallo, peperoncini e quadrifogli. Scettici? Ricordatevi del monito del grande Eduardo de Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. E facciamoci una risata che, dopotutto, è venerdì!
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