La violenza domestica fa più vittime delle guerre

La violenza domestica uccide più delle guerre, è la seconda causa di morte in gravidanza ma per un italiano su tre è un affare privato, da risolvere senza clamore.

Il 70% delle violenze sulle donne avviene in casa ma solo il 7,2% delle vittime denuncia il suo aggressore.


Non fa più notizia. Eppure, la violenza domestica uccide più delle guerre e in Italia è la seconda causa di morte in gravidanza. Nel 2013 sono 179 le donne che sono state uccise e il 70% delle volte per mano del partner, dell'ex o di un familiare. In Europa il numero sale a dodici al giorno. Per non parlare delle violenze sui minori: nel Bel Paese, negli ultimi dieci anni, sono cresciute del 56% e quelle in famiglia dell'87%. Insomma, "nel mondo, per ogni morto civile su un campo di battaglia, nove persone sono uccise in dispute interpersonali", hanno calcolato Anke Hoeffler dell'Università di Oxford e James Fearon della Stanford University, gli autori di un rapporto commissionato dal Copenaghen Consensus.

"La sensibilità nei confronti della violenza di genere è cresciuta - spiega Maria Carla Bocchino, responsabile della divisione analisi violenza domestica del Servizio centrale operativo della Polizia - gli strumenti per contrastarla ci sono, ma il fenomeno è più difficile da estirpare di quanto si pensi perché il tacere, il subire, la convinzione di riuscire a cambiare l'altro, il tentativo di tenere unita la famiglia, sono radicati nella donna. Così come nell'uomo, spesso, non c'è piena consapevolezza dei comportamenti vessatori, della violenza fisica e psicologica messa in atto".

Intanto la strage tra le mura di casa continua. Silenziosa e omertosa. Una vera e propria questione d'onore al punto che ancora oggi, per un italiano su tre, se la violenza si consuma in casa, è un affare privato, da risolvere in famiglia. In silenzio, per l'appunto. Stesso discorso vale - la pensa uno su cinque - per gli sfottò a sfondo sessuale. D'altra parte, sostiene il 10% della popolazione, se le donne vogliono stare tranquille, hanno solo da indossare abiti casti. Inutile lamentarsi, dice uno su quattro: se accettano di restare con un uomo violento diventano colpevoli quanto lui. Il (desolante) quadro è emerso dal report Rosa Shocking. Violenza, stereotipi...e altre questioni del genere, realizzato da Intervita con il supporto di Ipsos e presentato il 18 novembre alla Camera alla presenza della presidente Laura Boldrini.

A un anno dalla legge contro i femminicidi, la solfa è (quasi) la stessa: dall'insulto allo stupro, i panni sporchi vanno lavati in casa. Al punto che - sottolinea il Report - solo il 7,2% delle vittime denuncia il proprio aggressore. Una peculiarità che però non è solo italiana: secondo il sociologo Bjorn Lomborg, uno degli esperti del Copenhagen Consensus Center, la violenza domestica è trascurata come gli incidenti d'auto, che uccidono di più, ma attirano meno attenzione dei disastri aerei: "Non vogliamo solo dire che abbiamo un grosso problema - ha spiegato Lomborg che nel report ha calcolato in oltre 8mila miliardi di dollari all'anno il costo della violenza domestica -Vogliamo invitare a trovare soluzioni intelligenti"Soluzioni che vanno individuate in fretta visto che in Europa il 45% delle donne ha subito molestie sessuali e il 18% lo stalking. A questo proposito, il report di Intervita una buona notizia la dà: gli investimenti nella prevenzione sono passati da 6,3 milioni di euro del 2012 a 16,1 milioni di euro nel 2013. 

Ed è ai giovani che bisogna parlare, se si vogliono davvero cambiare le cose. A lanciare l'allarme è stata Terre des Hommes alla luce del sondaggio realizzato in collaborazione con la Community ScuolaZoo su 1.300 ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Ebbene, il 45,4% degli adolescenti è convinto che la violenza domestica sulle donne non sia un fenomeno molto frequente, oltre l'80% è completamente o parzialmente d'accordo con l'affermazione che "gli uomini che maltrattano lo fanno perché hanno problemi con l'alcool o droghe", mentre per il 90% a generare la violenza sono "squilibri psichici". Dati che, ha osservato Terre des Hommes "destano più di una perplessità su come viene raccontata la violenza di genere in Italia, così come fa pensare il fatto che, in ogni caso, la gelosia venga giustificata da più del 20% degli intervistati come motivo di una punizione fisica". Ecco perché è ai giovani che la Polizia si sta rivolgendo da tempo, impegnandosi con l'educazione a partire dalla scuola d'infanzia per insegnare il rispetto reciproco e la convivenza civile.

Secondo la Convenzione d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica - più nota come Convenzione di Istanbul - firmata da 32 stati, l'Italia deve fare di più, soprattutto per risolvere la mancanza cronica di posti letto nei rifugi per le donne maltrattate. In base alle statistiche del 2013 siamo al quint'ultimo posto dopo Polonia, Ucraina, Bulgaria e Repubblica Ceca. Maria Carla Bocchino un'idea se l'è fatta: oltre ad aumentare il numero dei centri antiviolenza, bisognerebbe progettarli in modo che "le donne, dopo aver denunciato, possano trovare accoglienza e che sia istituito il trattamento obbligatorio per gli uomini maltrattanti". 


Al momento la legge prevede che l'uomo possa scegliere di sottoporsi al trattamento: "credo - suggerisce invece la Bocchino - che il legislatore avrebbe fatto bene a deciderne l'obbligatorietà, anche tutelando meno le garanzie del singolo". L'esperta ipotizza una sorta di "comunità di accoglienza, simili a quelle per i tossicodipendenti, che si basino sull'auto aiuto: chi è riuscito a superare i suoi problemi di violenza aiuta l'altro che ne è ancora vittima". Un coinvolgimento, quello maschile, che la community noino.org popolata da uomini rivolti ad altri uomini, insegue da anni: "ci siamo iscritti a un'associazione - scrivono nella presentazione - non abbiamo versato una donazione. Ma facciamo qualcosa di importante contro la violenza sulle donne. Affermiamo pubblicamente che il problema ci riguarda, come uomini. E prendiamo un impegno personale a contrastare la cultura che lo giustifica. Oggi si parla molto di violenza. Ma perché gli uomini comincino ad ascoltare, è necessario che gli uomini facciano sentire la loro voce".  

Un'altra voce che bisognerebbe aggiungere al coro, suggerisce infine la Bocchino, è quella del vicinato: "non si deve far finta di non sentire le urla, i pianti che provengono dall'appartamento vicino, si deve denunciare: solo così si potrà far emergere ciò che altrimenti non potremmo scoprire mai". Il silenzio va spezzato, la violenza domestica non è un affare (solo) privato: la violenza domestica uccide più delle guerre. 

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