Linguaggio delle donne: seduzione-attrazione in un discorso elettorale

La realtà dimostra sempre di più che la retorica al femminile convince e conquista sempre più elettori: un'arte che mescola all'empatia la schiettezza. 

Virginia Raggi, 37 anni, è il primo sindaco donna di Roma.


Donne al vertice? È sempre una buona notizia, non si può però propriamente dire che sia una novità. Potere politico, così citando a braccio (a ritroso): la Regina d’Inghilterra regnante, Elisabetta II. Il premier tedesco, Angela Merkel. L’ex premier britannica Margaret Thatcher. La presidentessa del Brasile, Dilma Rousseff e l’ex dell’Argentina Cristina Fernández de Kirchner. L’ex sindaca di Milano, Letizia Moratti e ancora prima a Torino, Maria Magnani Noya (negli anni Ottanta). Ancora, l’impero britannico retto per 64 anni dalla regina Vittoria e prima di lei la Caterina de’ Medici che nel Cinquecento faceva il bello e il cattivo tempo in Francia. Si può arrivare fino a Cleopatra. Donne che hanno fatto la storia, donne che si sono imposte perché franche, schiette e veloci: in un mondo di uomini che hanno provato ad arginarle con il predominio fisico, hanno dimostrato che quello del linguaggio può arrivare più lontano. 

Donne e linguaggio: il confronto con il maschilismo

Le critiche sessiste accompagnano, da sempre, le campagne elettorali delle donne che cercano di raggiungere il vertice. Tanto per fare un esempio: Nilde Iotti, prima nella storia italiana a ricoprire una delle cinque più alte cariche dello Stato, inattaccabile sul piano politico, fu presa di mira per la sua unione con Palmiro Togliatti non certificata da un matrimonio. Poi ci sono le diatribe linguistiche su come declinare le cariche che raggiungono - sindaca o sindaco? - e quelle concettuali sul come definirle - mamme o bocconiane? - che spaccano l’opinione pubblica. Senza dimenticare l’abitudine odiosa, non appena una donna raggiunge una posizione di primo piano, di andare a indagare che ne è del marito: farà il mammo? Metterà il grembiule? Preparerà la cena? Come se fosse il caso di stupirsene. Intanto loro sbaragliano gli avversari al testosterone a colpi di retorica. E poi non si capisce di che cosa si sta parlando: nella corsa alla Casa Bianca, per la presidenza degli Stati Uniti, c’è una certa Hillary Clinton, che nel curriculum può vantare un periodo da Segretario di Stato, carica nella quale è succeduta a una certa Condoleezza Rice.

Insomma, se lo studio a stelle e strisce di Patricia Strach In a Different Voice? Explaining the Use of Men and Women as Voice-over Announcers in Political Advertising pubblicato su Political Communication evidenziava come nelle elezioni americane del 2012, nonostante le voci maschili fuori campo fossero preponderanti ma quelle femminili venissero usate in modo più strategico - tanto per la cronaca: sono femminili quelle deputate a dare le notizie difficili da digerire -, i risultati elettorali dimostrano che le parole delle donne che scendono in campo convincono più di quelle pronunciate dai rispettivi oppositori. 

Generazione Candy Candy

Cercando di stare alla larga dalla retorica delle ragazze - anche questa è una serie un po’ stantia: la prima volta del potere alle donne - e delle rivendicazioni di genere - hanno vinto perché sono state più brave, a prescindere dal loro essere donne -, le candidate della generazione che Maria Latella ha battezzato Candy Candy, quelle "nate alla fine degli anni ’70" che "sono un interessante mix di sicurezza introiettata grazie all’esempio materno e rapida presa d’atto del fatto che, nei rapporti sentimentali, tocca a loro, alle ragazze Candy Candy, rappresentare il lato forte della coppia", invitano a riflettere su come le donne in questione si sentano persone legittimate ad affermare la propria voce, a prescindere dal loro sesso. 

Seduzione femminile (senza trucco)

Vestite di semplice sobrietà (ai tailleur preferiscono gli spezzati giacca pantaloni), seducono le platee senza badare al trucco, parlando chiaro, arrivando dritte al punto e guardando (fin troppo) dritto in camera. Una tendenza che una recente ricerca di psicologi e informatici di cinque università sparse tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito ha già evidenziato scandagliando il linguaggio di oltre 15mila iscritte a Facebook. Assertive, decise ma mai prevaricatrici, portano avanti le loro idee in maniera strutturata: "Potrebbe essere un cambiamento storico a cui stiamo assistendo - commentò al Wall Street Journal Margaret Kern, professoressa dell’Università di Melbourne e co-autrice dello studio - le donne ora ricoprono più ruoli di leadership e di conseguenza il loro linguaggio è cambiato". 

Retorica al femminile (ovvero come conquistare le masse)

Insomma, uno scenario leggermente diverso da quello descritto da Pietrangelo Buttafuoco in un commento dal titolo "Le ragazze vincono sempre" dove il giornalista e scrittore sostiene che "le ragazze hanno uno stile che i ragazzi, de-virilizzati, se lo sognano". Perché se è vero che la dialettica delle ragazze oggi convince non è solo perché quella degli uomini ha perso la sua verve. Forse succede perché, per la prima volta, la grande donna che per millenni è stata dietro al suo grande uomo, oggi è sul palco, da sola, e tanto quanto un tempo convinceva il suo unico interlocutore, oggi attrae (e conquista) le masse. Altrimenti verrebbe da rispondere che se le ragazze vincono sempre è perché i Buttafuoco vincono assai di rado. Ma uno scivolone linguistico del genere una donna non lo farebbe mai.

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