Luciana Littizzetto a Che tempo che fa commovente su Parigi

A Che tempo che fa Luciana Littizzetto commuove con un monologo sugli eroi di Parigi di Aldo Cazzullo. La parola d'ordine è "resilienza": la capacità di far fronte ai traumi senza perdere l'umanità. 


Luciana Littizzetto da "Che tempo che fa" commuove con un monologo di Aldo Cazzullo dedicato agli eroi di Parigi, i resilienti.


Luciana Littizzetto a Che tempo che fa rinuncia all’ironia e commuove con un monologo di Aldo Cazzullo sugli eroi di Parigi. La parola d’ordine per una Lucianina inedita, pronta a citare il giornalista del Corriere della Sera e a far diventare lucidi gli occhi di un attonito Fabio Fazio, è “resilienza”. 

Un termine, spiega lei, bellissimo che “vuol dire capacità di far fronte ai traumi in maniera vitale e forza di ricostruirsi, restando sensibili alle cose positive che la vita offre, senza perdere l'umanità”. Un’umanità che guardando alle immagini di questo weekend di morte e terrore sembra lontana, un’umanità che appare difficile da trovare mentre la Litti parla e i dieci cacciabombardieri francesi sorvolano Raqqa, un’umanità che però lotta e resiste in primo luogo proprio per le strade di una Parigi violentata. 

Chi sono i resilienti? 

“Sono resilienti quelli che sono usciti dallo stadio cantando la Marsigliese – dice Luciana -. I musicisti di strada che davanti al Bataclan hanno suonato We shall overcome. I commessi di Hermes e Kenzo che stamattina hanno detto ai direttori dei negozi che sarebbe stato meglio chiudere per lutto. I verdurieri che nonostante i consigli della prefettura hanno aperto il banco ai mercati rionali “. E ancora. Sono resilienti “i ragazzi in fila per donare il sangue. I dipendenti comunali che hanno passato il giorno libero a pulire il sangue sui marciapiedi. Quelli che su Facebook aggiornano la bacheca ‘dimmi che sei vivo’. Gli anziani che nella notte hanno aperto la porta di casa a sconosciuti che avrebbero potuto essere i loro nipoti. I 400mila che hanno cliccato il video dei ragazzi che escono dallo stadio cantando la Marsigliese. Quelli che si sono alzati con l’idea di restare in casa tutto il giorno e al pomeriggio sono usciti”. 

Usciti per aiutare a superare la paura con la loro presenza, spiega Lucianina senza quasi prendere fiato, come “I terapeuti che hanno aperto un ufficio di ‘psicological help’ nel municipio del quartiere più colpito. I poliziotti che alle cinque di sera hanno placato una rissa tra neri e algerini in rue de Rivoli dicendo: ‘Vi rendete conto che sono successe cose più importanti della vostra rissa?’. Quelli che hanno messo in Place de la République lo striscione nero con il motto di Parigi: Fluctuat nec mergitur, la barca oscilla tra le onde ma non affonda. Chi ha scritto sui muri del Marais ‘alla fine non vincerete voi’”.

Il lungo intervento si chiude, quindi, con l’immagine romantica del “L’immigrato cambogiano con la fisarmonica che sulla passerella di fronte al Louvre suona la Vie en rose”. Resiliente anche lui perché la cittadinanza non c'entra quando si parla di umanità. E il primo insegnamento del termine "resilienza" è proprio questo. 

Copyright foto: Kika Press

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