Aylan Kurdi: un flash mob in Marocco per ricordare la tragedia

Sulla spiaggia di Rabat, in Marocco, una trentina di persone hanno inscenato un flash mob per ricordare Aylan Kurdi, il piccolo profugo siriano morto a Bodrum e diventato il simbolo di una tragedia.

Sulla spiaggia di Rabat una trentina di persone hanno inscenato un flash mob per ricordare la tragedia dei profughi.


Una trentina di persone - donne, uomini e bambini - sulla spiaggia di Rabat, in Marocco, hanno inscenato un flash mob destinato a fare il giro del mondo una volta imbrigliato nelle maglie della rete. Si sono vestiti come lui, il piccolo Aylan Kurdi. Pantaloni scuri, maglietta rossa, le scarpe allacciate. Si sono sdraiati a faccia in giù, sulla battigia, una gamba leggermente piegata, gli occhi chiusi, la testa da un alto. Perché la foto di Aylan, il profugo siriano morto a tre anni nelle acque davanti a Bodrum insieme a suo fratello Galib e sua mamma (si è salvato solo il padre) è diventata il simbolo di una tragedia, quella dei profughi mediorientali in fuga dalle terre occupate dall’Isis, che va fermata. 

Il flash mob è andato in scena davanti ai bagnanti, attoniti, proprio nel giorno in cui a Milano è riesplosa l’emergenza immigrati in stazione, la Bild - il quotidiano tedesco - è uscita in edicola senza foto per ricordare l’importanza di quella foto e anche la Francia (dopo la Gran Bretagna) ha dichiarato guerra all'Isis. Decisione che invece l'Italia scansa: "Occorre - spiega il premier Matteo Renzi - un progetto di lungo termine. Le iniziative spot servono e non servono".  

Nel frattempo l’Europa continua a cercare la quadra nella spartizione di chi da quei paesi riesce a fuggire. Solo lunedì 7 settembre, secondo l'Unhcr, l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati, 7mila sono i siriani arrivati in Macedonia dalla Grecia. Uomini donne e bambini che da lì proseguono, anche a piedi, verso Serbia e Ungheria. Almeno altri 30 mila migranti sono in coda nelle isole greche, 20 mila solo a Lesbo. 

L’ultima proposta della Commissione europea è una sanzione dello 0,002% del Pil per i Paesi che si rifiutano di partecipare alla ripartizione obbligatoria. Vedi per esempio l’Ungheria che mentre chiede 4 milioni all’Eu per incrementare l’accoglienza, il premier Viktor Orban fa sapere attraverso il quotidiano Magyar Idok che bisogna "accelerare" la fine della costruzione del muro al confine con la Serbia, dove servono più operai (la fine dei lavori è prevista per il 15 settembre).

Chi, invece, ha decisamente ammorbidito i toni è Angela Merkel intervenuta in Commissione Ue chiedendo, questa volta, un aiuto per Atene e Roma: "Grecia e Italia - ha dichiarato  - non possono da sole accogliere tutti i profughi che arrivano sulle coste” perché, a proposito delle quote di migranti, ha aggiunto la cancelliera tedesca "siamo purtroppo molto lontani e pensiamo che qualcosa debba cambiare”, tuttavia “sono ottimista che alla fine troveremo una soluzione comune. Non accadrà domani, né la prossima settimana, ma prima o poi ci arriveremo". Anche perché, ha sottolineato, "i nostri argomenti non sono i numeri ma i valori universali che l'Europa è tenuta a rispettare".

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