Ignazio Marino: basta alle pubblicità sessiste

Con l'entrata in vigore di una delibera firmata dalla giunta capitolina nel luglio 2014, Roma dichiara guerra alle pubblicità sessiste ma lo studio condotto da Massimo Guastini e dal  Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna avverte: in Italia c'è ancora molto lavoro da fare.


Entrerà in vigore in questi giorni a Roma la delibera del luglio 2014 che vieta le pubblicità sessiste.


Stop alle pubblicità sessiste, a dichiararlo, con fermezza, è stato il sindaco di Roma Ignazio Marino. Entra in vigore proprio in questi giorni la delibera firmata dalla giunta della capitale nel luglio 2014 che, prevedendo che "gli spazi del Comune potranno essere venduti solo a chi rispetterà le regole inserite nella delibera”, dichiara di fatto guerra a quelle campagne di affissione che associano “il corpo della donna a immagini che lo equiparano a un oggetto in maniera sessista”. 

Basta, quindi, al proliferare, per le vie capitoline, di spazi pubblicitari che non rispettino la parità di genere e che, in generale, possano essere considerati offesivi rispetto alle regole di “non discriminazione”. “Credo che sia giusto far scomparire del tutto dalle strade di Roma i messaggi sessisti e violenti – ha spiegato il primo cittadino - nella Capitale e nel resto del Paese”. Molto lascia immaginare, però, che l’organismo ad hoc chiamato a vigilare sulla conformità dei messaggi pubblicitari avrà il suo bel lavoro da fare. 

Già nel 2008, infatti, il Parlamento Europeo ha approvato (con 504 voti favorevoli) la proposta di abolire la pubblicità sessista e degradante per le donne, peccato però che i pubblicitari nostrani abbiano avuto qualche difficoltà ad adattarsi alla direttiva europea. A dimostrarlo chiaramente è l’indagine Come la pubblicità racconta le donne e gli uomini in Italia condotta dal Presidente dell’Art Directors Club Italiano, Massimo Guastini, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna. Analizzando quasi 20mila campagne, dalla carta stampata al web e dalla tv alla radio, il gruppo di ricercatori ha infatti additato l’italico advertising come uno tra i più sessisti del mondo identificando 12 tipologie di personaggi femminili e 9 di personaggi maschili. 

Ecco quindi che, se l’uomo si può descrivere come “marito”, “padre”, “professionista” e “sportivo” alla donna si adattano meglio le etichette “disponibile”, “manichino”, “preorgasmica”, “emotiva”. Ma non solo. Se, per esempio, il tema del sesso è molto sfruttato in qualsivoglia categoria merceologica, sono proprio le signore ad essere rappresentate come più interessate all’argomento (su 100 campagne il 12,9% delle donne e solo l’1,7% degli uomini sono rappresentati come sessualmente disponibili). Insomma, consultando i dati, sembra davvero che chi sarà chiamato a vigilare sulla pubblicità romana dovrà prepararsi a molti straordinari


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