Alice, dalla multinazionale alle risaie: "sono una contadina felice"

Da un lavoro in una multinazionale alla cascina di famiglia: storia di Alice Cerruti, 34enne che "mai e poi mai avrei pensato di diventare una contadina" e oggi, "felice", produce 600 tonnellate di riso l'anno. 

Alice Cerruti e suo marito Simone nella Cascina Oschiena, a Crova, in provincia di Vercelli. © Alice Cerruti

Sognava di lavorare in una multinazionale e quando finalmente è stata assunta, ha capito che il suo posto era in cascina. Non una qualsiasi: “quella che mio nonno acquistò negli anni Cinquanta come investimento e che per più di mezzo secolo è stata gestita da altri”. Cascina Oschiena, a Crova, in provincia di Vercelli. Una cascina che lei, Alice Cerruti, 34enne cresciuta a Torino, ha deciso di rilevare quando mamma Consolata era sul punto di vendere. E così, dopo la scuola americana, il liceo scientifico, una laurea in Economia e Commercio, un anno in Belgio e un altro a New York, si è licenziata dalla Ferrero che l’aveva assunta, si è rimboccata le maniche e ora, otto anni dopo quel giorno, è una giovane donna felice che ogni mattina si sveglia nella cascina che produce 600 tonnellate di risi antichi ogni anno.


Un ritorno alla terra: raccontaci il tuo percorso

“Mai e poi mai avrei pensato che un giorno sarei diventata una contadina. Il fatto è che non avevo idea di quanto potesse essere emozionante e complesso produrre del cibo in prima persona: per capirlo, apprezzarlo e farlo al meglio, però, ho dovuto fare un percorso. Tutto è iniziato quando mia mamma Consolata ha ripreso in mano la gestione della cascina affidandola a un agronomo e a un contoterzista all’inizio degli anni Duemila: ogni venerdì mi chiedeva di accompagnarla a supervisionare i lavori e per me, che volevo uscire con gli amici, era una vera tortura giapponese. Tanto più che la mia vita era proiettata nel food ma in un’altra direzione, quella del marketing strategico. O meglio, così mi sembrava perché negli anni, quel week end in Cascina che all’inizio era un supplizio, era diventato il punto fermo della settimana, quello che aspettavo con ansia. Così, quando mia mamma mi ha comunicato l’intenzione di vendere, ci ho pensato su (non troppo) e alla fine ho lasciato il lavoro alla Ferrero, mi sono iscritta a un corso serale all'Istituto Agrario di Vercelli, poi alle associazioni di giovani agricoltori e, con il sostegno dell’allora fidanzato e oggi marito Simone, ho lasciato la città per le risaie. Lo rifarei altre mille volte”.


È stata dura, da donna, trovare il tuo spazio?

“Lì per lì ti direi che essere donna è stato uno svantaggio perché è stato molto più difficile farsi rispettare. Figurati: una donna, cittadina, che si ritrova in risaia senza sapere da dove iniziare. Tuttavia armata di sana umiltà, ci sono riuscita ed è una soddisfazione enorme che si rinnova ogni giorno”.


Il segreto?

“Non ho mai avuto paura di chiedere né d’imparare, tanto più che nessuno, nella mia famiglia, aveva un passato da agricoltore quindi non avevo nulla da insegnare a nessuno. Ho fatto rete con il territorio, l’ho ascoltato, mi hanno ascoltata e ho avuto la fortuna d’incontrare persone disponibili. Guadagnarsi l’autorevolezza è stato doppiamente faticoso e altrettanto gratificante”.


Come hai impostato il lavoro in cascina?

“Cascina Oschiena è una meravigliosa struttura del 1500 che apparteneva ai monaci benedettini circondata da 110 ettari di terreno coltivati a risaia: quando sono arrivata ho privilegiato le antiche coltivazioni - Carnaroli bianco e integrale, Venere, Ermes rosso e Apollo - e improntato una gestione all’insegna della biodiversità, della produzione integrata, delle fonti di energia rinnovabili e del coinvolgimento della società civile. Abbiamo convertito una zona a bosco e piantato 5mila piante sugli argini per ricreare zone umide e incolte: quando su quei campi hanno iniziato a nidificare le pittime reali - un uccello migratore che si può ammirare solo in altre 2 parti d’Italia - ho capito che era la direzione giusta. Il prossimo passo è incrementare l’accoglienza turistica: oggi organizziamo delle giornate in cascina, la prossima primavera saremo in grado di ospitare i visitatori per un week end full immersion. Dormiranno nelle stanze della Cascina che abbiamo ristrutturato senza usare un grammo di cemento nel pieno rispetto dell’architettura originale e mangeranno i piatti preparati ad hoc da uno chef. È un progetto a cui credo molto: i consumatori sono sempre più attenti alla qualità dei prodotti ed educarli sul campo è il primo passo per dare loro la consapevolezza di quanto contano le scelte che fanno acquistando il cibo”.


Ci racconti una tua giornata tipo?

“Dipende tantissimo dalle stagioni, in campagna un giorno non è mai uguale all’altro. In questo periodo salgo sul badile verso le 6 del mattino e per un paio d’ore faccio il giro dell’acqua per controllare i livelli e lotto con le zanzare. Poi torno in cascina e faccio tutto quello che c’è da fare: se c’è da arare esco con l’aratro, se c’è da seminare, porto fuori i sacconi e salgo sul trattore, mentre se c’è da raccogliere viene il vicino con la mietitrebbia (acquistare una costa troppo), io salgo sul trattore, raccolgo il riso nel rimorchio, lo porto in Cascina, poi lo essicco e lo stocco. Dopo pranzo sto nel magazzino e nel negozietto e inscatolo. Poi mi occupo del marketing, delle offerte per i tour operator, della promozione del prodotto, rispondo alle email, sto dietro ai contatti, faccio rete e mi occupo del mio lavoro al sindacato, dove da 5 anni rappresento a Bruxelles i giovani di Confagricoltura e abbiamo ottenuto grandi risultati per l’etichettatura obbligatoria dei prodotti agricoli. Faccio di tutto e questo essere multitasking, insieme alla gioia di vedere i risultati della terra, è l’aspetto più bello di questo mestiere”.


Quando non lavori che cosa fai?

“Succede di rado, nei week end e allora insieme a mio marito (che fa il chimico ma è molto appassionato alla causa) andiamo a trovare le persone interessanti conosciute alle fiere. Ogni tanto riusciamo anche a vedere gli amici: l’invitiamo in cascina, facciamo grigliate d’estate e bourgignonne d’inverno, mentre i bambini si divertono all’aperto tra cani e cavalli. Quei momenti sono bellissimi”.


È una vita faticosa?

“Beh, ci sono dei periodi in cui le giornate iniziano alle 5 del mattino e finiscono alle 10 di sera. Ma ci sono anche periodi, sopratutto d’inverno, dove c’è tempo per ricaricare le energie. Di certo non è faticoso come chi gestisce allevamenti di animali o come poteva esserlo in passato. Altro che le mondine: io monto sul trattore, accendo l'aria condizionata, m’infilo le cuffie e guido canticchiando. Insomma, non è una passeggiata ma non mi faccio pena per nulla, so di essere stata fortunata e sono felice”.


I tuoi figli cresceranno in Cascina?

“Assolutamente sì! Simone ed io ci siamo sposati due anni fa nella chiesetta della Cascina e ormai questo è diventato il nostro stile di vita oltre che il mio lavoro.  Ho diminuito il mio impegno al Sindacato proprio perché vorrei avere il tempo di diventare mamma…”.


Che cosa suggerisci ai giovani che si affacciano all’agricoltura?

“Di non avere pregiudizi, lavorare e vivere nel settore agricolo è appagante, è un settore con un potenziale incredibile perché la società civile è sempre più attenta a ciò che mangia e garantendo trasparenza e tracciabilità, mettendoci la faccia, i risultati prima o poi arrivano. Arriva il giorno in cui la dedizione e le rinunce vengono ripagate, cosa che non sempre succede negli altri settori. E le soddisfazioni che regala la terra sono uniche, tangibili”.


Ci regali una ricetta con il riso?

“Molto volentieri! Un tris di risi Apollo, Venere ed Ermes, ovvero il rosso e nero. Cuocete l’Apollo per 12 minuti e fatelo raffreddare, in un’altra pentola il Venere e l’Ermes per 45 minuti e fateli raffreddare. Quindi versateli in un’insalatiera e aggiungete pomodori ciliegie, una cipolla di Tropea, mozzarella a tocchetti, olive, qualche foglia di basilico, olio extravergine e sale. In alternativa aggiungete cubetti di gorgonzola, noci e sedano. Ricette molto scenografiche e semplicissime da realizzare: perfette anche per chi, come me, è una capra in cucina ma è attenta alla qualità delle materie prime”.

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