La Buona Scuola: legge riuscita o no?
A un anno dalla legge 107 della Buona Scuola e a pochi giorni dall'inizio delle lezioni, cresce il malcontento: gli obiettivi sono falliti e i ragazzi rischiano di trovare le cattedre vuote.
A un anno dal debutto la Buona Scuola fa i conti con la realtà: la legge 107/2015 è riuscita a centrare gli obiettivi? Insomma, dicono gli addetti ai lavori (più ottimisti) che fanno i conti con i numeri che non tornano, il disappunto che cresce e il calendario che corre: il 12 settembre gli studenti torneranno in classe ma quella che troveranno non sarà esattamente una Buona Scuola.
Perché a parte il bonus di 500 euro che ogni docente riceverà ad ottobre per l'aggiornamento professionale, "non è neppure detto che gli alunni troveranno tutti i docenti in classe per l'avvio delle lezioni", fa notare Lena Gissi, a capo della Cisl scuola, dal momento che il termine per le nomine è il 15 settembre ma nella maggior parte delle regioni le lezioni iniziano prima.
Eliminare i precari: obiettivo fallito
Malcontento anche tra chi ha tentato il Concorsone che metteva in palio 64 mila cattedre: le severe commissioni ne hanno stangati più della metà (in Lombardia il 70% dei candidati non è stato ritenuto idoneo) e così tanti sono ancora in fase d’esame (tra ritardi ed errori, il caos ha regnato sovrano) che circa 23mila posti resteranno vacanti pronti per un balletto di supplenti che verranno chiamati (in ritardo) a tappare i buchi. Tradotto: il primo obiettivo della Buona Scuola (eliminare il precariato) incassa una sonora bocciatura.
Eliminare le supplenze: obiettivo rimandato all'anno prossimo
Stesso discorso per quanto riguarda il secondo obiettivo: eliminare le supplenze. Senza supplenti quest’anno non si arriva nemmeno alla fine del primo quadrimestre. "Qualcosa evidentemente non quadra - sottolinea Tobia Sertori segretario della Flc Cgil Lombardia, la regione messa peggio -. Avremo chi, bocciato al concorso, ma abilitato entrerà nella scuola come supplente annuale per coprire i numerosissimi posti non coperti dai candidati idonei".
A complicare questo punto, inoltre, c’è la discrezionalità dei "super presidi" nel selezionare le candidature: "Ci sono presidi che restringono a loro piacimento i titoli di laurea per l’accesso agli insegnamenti - spiega Sertori -, altri che chiedono esperienze solo nelle loro scuole o video a busto intero. Sono forme fantasiose di ricerca che violano i principi di parità di accesso al pubblico impiego, imparzialità, ragionevolezza, merito, trasparenza e pubblicità degli atti". Insomma, per dirla con le parole delle stesso premier Matteo Renzi (era il 7 febbraio 2016) "sulla scuola abbiamo fatto qualche pasticcio". Nell'attesa di tempi migliori, per ora è meglio ripetere l'anno. A scapito degli studenti e dei professori, purtroppo.