Casa delle Donne: a Milano la lotta per i fondi (e per l'indipendenza)

Già oggi, per coprire le spese, la Casa delle Donne Maltrattate di Milano deve ricorrere alle generosità  delle socie. Il vero pericolo arriva però dalle nuove regole che mettono a rischio la tranquillità delle utenti.
 

La Casa delle Donne Maltrattate, attiva a Milano dal 1986, è in via Piacenza 14.

Quello della Casa delle Donne Maltrattate di Milano (CADMI) è lavoro lungo trent'anni che rischia di interrompersi per carenza di fondi. È la denuncia della presidente Manuela Ulivi durante la conferenza “Per caso... è colpa nostra?”, indetta per discutere della situazione del centro. “I fondi sulla carta ci sono -  la legge 119 del 2013 ha stanziato circa 16 milioni e mezzo di euro - ma non arrivano perché si bloccano a causa della burocrazia. Oppure si perdono in iniziative che sono ad effetto più che portare effettivo beneficio, come il camper anti violenza voluto dal ministero dell'Interno”, spiega. “Nel frattempo, per accedere ai finanziamenti, si mettono dei paletti inaccettabili al nostro lavoro”.

La CADMI, che oltre a offrire consulenze legali e psicologiche accoglie stabilmente 13 donne, spende più di quanto riceve in fondi pubblici (100mila euro l'anno contro uscite di circa di 150mila) e riesce a rimanere aperta solo grazie alla generosità delle socie e della popolazione. Altre strutture, come la napoletana Casa Fiorinda o Le Onde di Palermo, non sono state così fortunate e hanno dovuto chiudere i battenti o limitarsi a uno sportello telefonico. Il problema principale, che potrebbe portare il prossimo autunno a una protesta di tutti i centri che aderiscono alla rete nazionale D.I.R.E, Donne in Rete Contro la Violenza, è però la richiesta da parte delle istituzioni di registrare le donne che passano dalle strutture, per distribuire i fondi in base ai risultati. 

“Non può e non deve essere questo il modo di valutarci. Con la registrazione, seppur riservata, verrebbe meno quel rapporto di fiducia grazie al quale, dal 1986, siamo riuscite a salvare tante donne”, continua la presidente. “Si tratta spesso di persone sottoposte a violenza psicologica o in pericolo fisico che senza questa sicurezza non sarebbero mai venute da noi. Parliamo, se guardiamo ai centri di tutta Italia, di circa 15-19 mila donne ogni anno, che nell'80% dei casi riescono poi a uscire dalla situazione di violenza”.

La presidente onoraria Marisa Guarneri è ancora più netta. "Si tratta di una sorta di stalking da parte di qualcuno che, dicendo di volerci aiutare, finirà per soffocarci”. In attesa di sviluppi, il lavoro della Casa delle Donne continua. “Chiunque può contattarci. In base al primo colloquio, anche telefonico, e rispettando nel modo più assoluto la volontà di ciascuno, si costruisce il percorso più adatto: consulenze psicologiche, legali o anche ospitalità, se la situazione lo richiede”, continua Guarneri. “Tra le donne che ci contattano ci sono anche ragazze molto giovani, che scappano da famiglie abusive. Lo ritengo un bel segnale: queste situazioni ci sono sempre state ma ora le figlie, ancor prima delle madri, iniziano a ribellarsi”. 

Anche nel caso in cui la violenza riguardi un'amica o una parente – o se si ha a che fare con partner troppo oppressivi o gelosi - il consiglio è quello di rivolgersi al centro, che mette a disposizione materiale informativo e i consigli delle esperte su come affrontare la situazione. Sempre rispettando limiti e volontà di ognuna. ”La scelta delle donne è la nostra misura”.

Copyright foto: Casa delle Donne Maltrattate

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