Donne stuprate: le idiozie degli uomini, il coraggio delle vittime

Due recenti storie di donne stuprate e il relativo atteggiamento della giustizia, fanno riflettere su quanto sia difficile, per le vittime di violenza, denunciare l'accaduto senza passare per colpevoli. 

La giovane stuprata dal 20enne Brock Allen Turner ha pubblicato una lettera aperta su Buzzfeed invitando le altre donne a farsi avanti.


"Questa non è la storia di uno sprovveduto rapporto sessuale tra ragazzi ubriachi del college. Lo stupro non è un incidente". Inizia così la lettera che la studentessa 23enne stuprata dal 20enne Brock Allen Turner ha pubblicato su Buzzfeed rivolgendosi al suo aggressore e a tutte le donne nelle sue condizioni. Perché, di nuovo, questa è una (desolante) storia di violenza sulle donne dove la giustizia non ha fatto giustizia e la vittima prova a fare da sé. Giudicato colpevole, il ragazzo, una futura (o ex?) promessa del nuoto della Stanford University, nella californiana culla della Silicon Valley, rischiava fino 14 anni di carcere: l’accusa ne aveva chiesti 6, il giudice Aaron Persky ha decretato che sei mesi fossero sufficienti. Tanto più, ha sottolineato, che i due erano entrambi ubriachi e considerato il fatto che la fedina penale di Brock era pulita e una pena più severa avrebbe potuto avere “un duro impatto su di lui”. 

Violenza sulle donne: l'idiozia degli uomini

Per la serie al peggio non c'è mai fine, è apparsa poi la lettera aperta del padre di Brock che giudica la “pena troppo dura” per “20 minuti d’azione, su più di 20 anni di vita”. Un padre che, stando alla cronaca, si è dimenticato d’insegnare al figlio il peso delle responsabilità salvo poi compiangerlo perché ci ha provato la giustizia: “la vita di Brock è stata modificata profondamente, e per sempre, dagli eventi del 17 e del 18 gennaio. Ogni suo minuto di veglia è consumato da preoccupazione, ansia, paura, e depressione. Glielo si può vedere in faccia, nel modo in cui cammina, dalla sua voce debole, dalla sua mancanza di appetito. Questa sentenza ha distrutto lui e la nostra famiglia. La sua vita non sarà mai quello che ha sognato e che ha lavorato così duramente per costruire”.       

Vittime di violenza: il coraggio di denunciare

Di fronte all’idiozia degli uomini, che danno la colpa alla sentenza e non al reato, c’è il coraggio della vittima. Che dopo aver affrontato un processo, ha raccontato al mondo le colpe che la giustizia ha provato a far ricadere sulle sue spalle. Come aver alzato un po’ troppo il gomito, per esempio: "Ho bevuto ma bere non è un atto criminale - scrive -. Non è stato l'alcool a spogliarmi, a toccarmi, a sbattere la mia testa per terra e a lasciarmi completamente nuda”. A farla finire in ospedale, incosciente e ricoperta di lividi è stato Brock Allen Turner, fermato solo dall’intervento di alcuni passanti che hanno chiamato l’ambulanza e la polizia. 

"Mi è stato detto - scrive ancora la giovane - che dal momento che non riuscivo a ricordare, non avrei potuto provare che quel rapporto non era voluto". Quello che nessuno le aveva detto è che il processo sarebbe stata una violenza della violenza per far passare l’episodio come “un equivoco”. Basta leggere le domande a cui è stata sottoposta in aula per farsene un’idea: "Quanti anni hai? Quanto pesi? Avevi mangiato quel giorno? Che avevi mangiato a cena? Chi aveva cucinato? Avevi bevuto? Neanche l'acqua? Quanto avevi bevuto? Quando? Cosa? Chi ti ha aveva dato da bere? Quanto bevi di solito? [...] Cosa indossavi? Perché eri andata a quella festa?". E ancora: "Bevevi al college? Ti sei mai definita 'animale da festa'? Quante volte hai perso i sensi dopo aver bevuto? Vai alle feste delle confraternite? Fai sul serio con il tuo fidanzato? Sei sessualmente attiva con lui? Quando hai iniziato ad uscire con qualcuno? Hai mai tradito?". "Ricordi a che ora ti sei svegliata? Indossavi il tuo cardigan? Di che colore era?". 

Archiviata la speranza di una giusta sentenza, la giovane si è appellata alle altre vittime incoraggiandole a farsi avanti: "Spero che, grazie alle mie parole, assorbirete un po' di luce, saprete un po' di più e ancora una volta che non potete essere zittite, che siete importanti, indiscutibili, intoccabili, che siete belle e che dovete essere trattate con rispetto, ogni minuto di ogni giorno, siete forti e nessuno può portarvi via questa forza”. 

Stuprata da 33 uomini: apostrofata "cagna"

Nemmeno se, come è di recente successo in Brasile, alla periferia di Rio de Janeiro, 33 uomini stuprano a turno una 16enne, postano le violenze sui social e poi incassano anche il plauso di alcuni agenti della polizia che, violando più di una legge, commentano la vicenda su Facebook bollando la vittima come una "puttana" e una "cagna" e precisando che quello che i "media ipocriti" hanno descritto uno stupro, in realtà era “un’orgia tra i membri del mestiere”. 

Anche in questa storia la giovane era andata a una festa e al suo risveglio non ricordava più nulla. A sbatterle in faccia la realtà sono stati loro, i 33 uomini (se così meritano di essere chiamati) che la sbeffeggiavano dopo aver mostrato alla loro cerchia di amici (virtuali) le loro gesta animalesche (anche se nemmeno gli animali si abbassano così in basso). E anche in questa storia, di fronte all’idiozia degli uomini, c’è il coraggio della vittima che dopo notti di domande, ha denunciato senza se e senza ma i suoi aggressori. Anche in questa storia, quello che è successo dopo, offende anzitutto gli uomini, ché le donne, già offese, hanno abbastanza orgoglio per voltarsi dall’altra parte e continuare le loro battaglie. Finché restano in vita, s'intende.

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