La socializzazione dei bambini età per età
In continua interazione con il mondo che li circonda, i bambini costruiscono, sin dalla più tenera età, la loro identità sociale. Quali sono i diversi tipi di socializzazione?
La socializzazione rappresenta il processo mediante il quale i bambini imparaano e interiorizzano le regole e i valori della vita in società. E ciò avviene prima di quanto si pensi: fin dalla nascita un bambino interagisce con il suo ambiente e scopre a poco a poco le regole da rispettare in comunità. Mese dopo mese costruisce la sua identità sociale.
In un primo momento il bambino prende coscienza del suo essere “distinto” e quindi inizia a staccarsi progressivamente dalla madre. Conosce altri bambini all’interno della famiglia, dalla tata oppure al nido. Questo ambiente gli permette di socializzare sin dalla più tenera età, di scoprire i rapporti con gli altri. È così che il piccolo assimila tutte le norme che regolano la vita in società.
Tra i 2 e gli 8 mesi
Tra i 2 e gli 8 mesi l’ “io” si manifesta attraverso il sorriso, il bambino inizia a distinguere l’ “io” dall’altro. Il sorriso rappresenta una risposta all’altro, è la prima forma di interazione, è un primo passo verso la socializzazione.
A 6 mesi il bambino inizia a fare la conoscenza dei suoi simili sul tappeto di gioco ad esempio.
Dopo 6 mesi il bambino fa la differenza tra i genitori e le persone estranee. Il passaggio agli 8 mesi è una tappa delicata: si parla di angoscia dell’ottavo mese o di paura dell’estraneo: è in questo momento che il bambino inizia a distinguere chiaramente le persone che lo circondano.
A partire dagli 8 mesi, il fatto di potersi spostare gli permette di scoprire l’altro, di toccarlo, di sorridergli. È l’inizio vero e proprio della sociabilità, anche se tutto è ancora molto basilare, e delle prime manifestazioni di gelosia.
Tra gli 8 mesi e i 4 anni
Settimana dopo settimana il bambino inizia a muoversi sempre di più! Prima si arrampica, poi, tra i 6 e i 10 mesi, inizia a gattonare e infine, tra i 12 e i 18 mesi, comincia a camminare. Parte alla scoperta del mondo che lo circonda e questo gli permette di vedere le cose da un nuovo punto di vista. Il piccolo diventa sempre più “indipendente” e ciò incide sul suo modo di vivere all’interno della comunità.
A 18 mesi il bambino non piange più insieme agli altri. Quando i neonati sono in gruppo e uno di loro piange gli altri lo seguono e iniziano a piangere. A un anno e mezzo è diverso, il bambino cercherà piuttosto di consolare il compagno porgendogli il suo ciuccio oppure accarezzandolo.
A 3 anni si parla di pre-socializzazione e fino ai 4 anni il bambino sta in gruppo ma gioca per conto suo; gli scambi, dunque, sono molto limitati. A 4 anni, infine, i bambini agiscono insieme, i loro rapporti sono più strutturati, più definiti.
Tra i 6 e i 13 anni
Dopo la prima infanzia viene la fase che va dai 6 ai 13 anni. Il bambino va a scuola e di solito ha già avuto esperienze di vita di gruppo al nido, alla scuola materna o da una tata con altri bambini della sua età. Le norme che regolano la vita in comunità, dunque, non gli sono estranee. Durante questo periodo, i rapporti con gli altri bambini si evolvono molto: a 6 anni si rispetta l’altro, il bambino è cosciente delle qualità di ciascuno ed esistono delle reali interazioni con i compagni. A 8 anni appare l’empatia: il bambino prende, cosi, coscienza di ciò che vuole fare all’altro. A 10 anni acquisisce una certa autonomia, è capace di denunciare la bugia di un compagno, ha il senso della giustizia. Durante il periodo tra i 10 e i 13 anni, siamo nell’età dei gruppetti a scuola o durante le attività extra-scolastiche. I gruppi si formano secondo le affinità e secondo codici ben precisi.
Differenze tra maschi e femmine?
Dopo l’infanzia, arriva l’adolescenza! I piccoli sono ormai cresciuti e hanno assimilato le norme della vita di gruppo. L’adolescente continua a forgiare la propria identità e a separarsi dai genitori. Questo avviene in diverse tappe, più o meno difficili a seconda dei casi, ma questa volta maschi e femmine non seguono lo stesso ritmo. Il periodo della ribellione si situa tra i 12 e i 13 anni per le femmine e tra i 14 e i 15 anni per i maschi. È l’età del “non voglio”, paragonabile al “no” dei due anni. Tra i 13 e i 16 anni per le ragazze e tra i 15 e i 17 anni per i ragazzi, inizia l’affermazione di sé. È il periodo del “voglio” che è sinonimo di indipendenza e di distacco dagli altri. Non è un periodo facile perché l’adolescente non è più un bambino, ma non è ancora un adulto. Il ruolo dei genitori è essenziale in questa fase per dare sicurezza ai figli.
Dargli tutte le opportunità per essere socievole
I genitori hanno un ruolo primordiale nella socializzazione dei figli. L’asilo nido è un luogo di socializzazione molto importante: è dura per le mamme, ma bisogna preparare il piccolo a separarsi dalla figura materna.
Una volta che il bambino è cresciuto, le attività artistiche come il teatro, il canto o la danza sono elementi essenziali per la costruzione del bambino. Servono a dargli fiducia e stima di sé.
Aiutare un bambino timido
La timidezza e la mancata fiducia in se stesso di un bambino vengono dall’ambiente familiare. Se il bambino è protetto eccessivamente, schernito da fratelli e sorelle o dai compagni, si blocca. Sceglie quindi di chiudersi in se stesso. La paura dell’ignoto può trasformarsi in timidezza.
Ancora una volta il ruolo dei genitori è al centro della questione. Questi ultimi devono aiutare il bambino timido ad aprirsi agli altri. Il gioco è uno dei modi migliori perché il piccolo scopra gli altri e sviluppi il proprio intelletto. Non bisogna dire che il bambino è timido in sua presenza per non compiacerlo e rischiare che si fossilizzi in questo stato. Devono invece mostrargli che sono fieri di lui e fargli notare ogni minimo progresso.
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