Childbirth, quando i genitori (e i neonati) si fanno i selfie
La moda ha contagiato vip e comuni mortali: meno di un'ora dopo la nascita due bambini su tre finiscono su Facebook. Benvenuti nell'agorà dell'eternità.
Si fa in un attimo, ed è per sempre. Immortale e incancellabile dalle maglie della rete. I genitori non ci pensano (o magari sì) ma mentre postano la foto dei figli sui Social, creano (a loro insaputa) anche la loro identità virtuale. La moda di pubblicare le immagini dei pargoli online ha contagiato un po' tutti: non solo le star ma anche i comuni mortali. Così accade che mentre le madri (e/o i padri) vip litigano con i paparazzi, tutto il mondo può ammirare i rispettivi "figli di".
Basta fare un giro sui Social e - tanto per fare qualche nome celebre - si legge (e si vede pure in una serie di video postati su Twitter) il reportage del parto di Ayda Fields, la moglie di Robbie Williams, così come quello di Olivia Wilde, di Elton John e di Michael Bublé che, all'arrivo del piccolo Noahha, ha fatto un selfie insieme alla moglie Luisana ancora con camice e cuffia. O si curiosa nella vita dei Brangelina in spiaggia, di Shakira mentre bacia il suo piccolo Milan, di Sarah Jessica Parker alle prese con le gemelline, i neonati . Poi ci sono quelli in modalità "vedo non vedo", stile Alessia Marcuzzi, la conduttrice tv che immortala la figlia ma ne nasconde il viso, e quelli alla Selvaggia Lucarelli: "Posto ogni tanto qualche immagine di mio figlio Leon, che ha nove anni, ma solo dopo avergli chiesto il permesso: lui è molto lucido su questo, è il primo che mi chiede di rispettare la sua privacy. Basta usare un po’ di buon senso", assicura la scrittrice e conduttrice.
Se il dibattito vertesse solo sull'identità virtuale sarebbe interessante da un punto di vista educativo. Il problema è che le foto molto spesso sono geolocalizzate (chiunque sa esattamente dove è stata scattata) e l'uso che i Social ne fanno il più delle volte sconosciuto. Certo, impedire che la foto sia mappata a uso e consumo di chiunque o che finisca a illustrare una marca di pannolini (nella migliore delle ipotesi), è possibile spuntando le caselle sulla privacy dei Social. Il fatto è che non tutti sono così accorti da evitarlo e finiscono per mettersi nei pasticci. E a cose fatte tornare indietro è tutt'altro che un gioco da ragazzi.
Le somme le ha tirate il Posterista, il sito inglese che permette di creare poster usando foto dai social network: ebbene, nemmeno un'ora dopo la nascita - per la precisione 57,9 minuti dalla messa al mondo - due bambini su tre finiscono sui profili Facebook (il preferito) Twitter o Instagram (distaccati di poco) dei propri genitori. La maggior parte delle volte (62%) grazie a mamma e papà, altre volte per iniziativa dei parenti (22%) e pure degli amici (16%).
Da lì a farci l'abitudine il passo è breve: il 64% dei 2367 genitori di bambini con meno di 5 anni intervistati, pubblica almeno tre foto a settimana e alla domanda perché lo facciano, i suddetti genitori rispondono nella maniera più ovvia: perché si sappia, perché voglio urlare al mondo la mia felicità, perché sui Social la memoria è eterna, perché mio figlio è il più bello del mondo.
Chissà che cosa ne pensa il pupo (o la pupa, s'intende) che nessuno può interpellare prima ma che poi si ritroverà ovunque nell'etere informatico, rimbalzato tra una condivisione e l'altra, taggato in feste a cui non si ricorderà di aver partecipato, immortalato in situazioni che magari, in futuro, per qualche sconosciuto motivo, vorrebbe dimenticare. In tre parole, privato del diritto di oblio.
"È inevitabile in una società che vive in vetrina" spiega Donato Munno, psichiatra e professore associato di Psicologia Clinica alla facoltà di Medicina di Torino, autore del libro Nuove droghe e nuovi tossicomani, (ed. Minerva Medica, 2002) e da anni impegnato in un ambulatorio dedicato alle nuove dipendenze. "Le nuove tecnologie portano nuove culture che stimolano comportamenti inimmaginabili. Se tutto passa per la piazza (ieri era l'agorà, oggi è la bacheca dei Social), allora forse, domani si sentirà a disagio quell'uno su tre che non avrà alle spalle una storia già scritta e si ritroverà ad essere il diverso". Insomma quello che oggi suona strano domani potrebbe essere la norma e a rifugiarsi nel passato si rischia di far peggio. "Lo sapremo tra vent'anni - continua il professor Munno - oggi giudichiamo come negativo il narcisismo esasperato e l'ubriacatura di comunicazione che a quella reale ha sommato quella virtuale. Ma domani la psicologia, e quindi anche la psicopatologia, sarà diversa da oggi". Perciò, il giudizio dello psichiatra che con le nuove dipendenze (tra cui anche quelle da Social) fa i conti tutti i giorni è sospeso: "è troppo difficile prevedere le evoluzioni, ma non drammatizzerei questo comportamento, piuttosto rifletterei sulla superficialità con cui si espone la dimensione privata dell'esistenza".
Nell'attesa che la società metabolizzi i cambiamenti e che i piccoli di oggi raggiungano l'età della ragione, i Social, si stanno già attivando. Facebook per primo: prossimo obiettivo, infatti, è conquistare gli under 13 - che oggi, in virtù di una legge del 1998 per la tutela dei bambini online non possono crearsi un profilo - consentendo loro di aprire un account con la supervisione dei genitori. Quel giorno l'agorà sarà per davvero al completo e forse, in vetrina, ci sarà chi ha imboccato i vicoli, all'oscuro, perdendosi una fetta di quello che nel frattempo accadeva intorno a lui.
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