Frigidità, anorgasmia, vaginismo: i disturbi sessuali femminili
Quale differenza c'è tra frigidità, anorgasmia e vaginismo?
Frigidità: ecco una parola che, nell’immaginario collettivo, evoca una donna un po’ arcigna e insensibile ai piaceri del sesso. Non solo ha una connotazione negativa, ma è usata in maniera confusa, per designare delle patologie diverse. Il Dottor Andrea Ronconi, psicologo, sessuologo e psicoterapeuta, ci insegna a fare ordine tra mancanza di desiderio, anorgasmia e vaginismo, alcuni dei principali disturbi sessuali femminili.
Cos’è la frigidità?
Più che di frigidità, sarebbe meglio parlare di “inibizione dell’eccitamento sessuale”, intesa come “disturbo dell’eccitazione femminile”, spiega il Dr. Ronconi. Il termine frigidità, infatti, “ha avuto e ha tutt’ora un’accezione molto negativa” perché “richiama significati etimologici diversi come “freddo”, assenza totale di calore non solo fisico ma anche emotivo, durante un momento molto intimo di una coppia”, prosegue l’esperto. “Una donna che riceve l’appellativo di ‘frigida’ può soffrire più per gli effetti psicologici che non per quelli dell’inibizione sessuale di cui fa esperienza. Può sentirsi inadeguata, meno attraente, poco femminile”, e dunque aggravare la situazione, reprimendo il desiderio.
Delle patologie concatenate
Mancanza di desiderio, inibizione o disturbo dell’eccitamento, anorgasmia e vaginismo sono problematiche del comportamento sessuale femminile che differiscono per diversi aspetti, ma che, in certe situazioni, possono svilupparsi una dopo l’altra o allo stesso tempo. Una donna che soffre di un disturbo dell’eccitazione, per esempio, può essere anche anorgasmica.
Come spiega il Dr. Ronconi, “la ripetuta incapacità di prepararsi all’atto sessuale (preceduto e facilitato da lubrificazione, vasocongestione ecc.) è collegata alla dimensione del sentire. Di conseguenza la donna può percepire delle sensazioni molto fastidiose o dolorose, inibendo di fatto la possibilità di provare, prima ancora dell’orgasmo, il piacere”. Di conseguenza, “i disturbi del comportamento sessuale femminile, cronicizzandosi, possono determinare un calo del desiderio sessuale (disturbo ipoattivo del desiderio)”; da questa situazione nasce un’astinenza che rende difficile avere dei rapporti sessuali e limita quindi le possibilità di avere un orgasmo.
Se la donna non ha mai provato il minimo desiderio sessuale, si parla di frigidità primaria, che in genere è per lo più psicologica: può trattarsi di un’inibizione legata all’educazione, di un modo più o meno inconscio di proteggersi, ecc. Una terapia con un sessuologo dovrebbe venirne facilmente a capo.
Le cause psicologiche
In altri casi, si parla di frigidità secondaria. Spesso, la donna ha vissuto una vita sessuale soddisfacente e, di colpo, non sente più alcun desiderio. Questo fenomeno è piuttosto diffuso tra le nuove mamme: il parto rappresenta un trauma per il corpo, senza contare che si diventa madri e, tra i mille impegni, si “dimentica” di provare un desiderio sessuale. Le cause psicologiche possono anche essere degli episodi traumatici, come una violenza, un aborto, un lutto, oppure dei problemi con il partner. Come spiega il Dr. Ronconi, “l’ansia può essere un fattore determinante nell’inibire, ritardare o rendere impossibile che l’orgasmo sopraggiunga. L’ansia legata all’aspettativa di dover a tutti i costi raggiungere il piacere massimo sposta l’attenzione dalle sensazioni del piacere presente impedendo che l’eccitamento cresca nei tempi ottimali”.
In alcuni casi, la mancanza di desiderio può avere anche delle cause fisiologiche (malattie, infezioni ecc.); di solito, curare queste patologie permette di risolvere il problema.
Cos’è l’anorgasmia?
Spesso si parla di frigidità per indicare una donna che prova un desiderio sessuale, ma che non prova piacere o non raggiunge l’orgasmo. In questo caso si parla di anorgasmia, ovvero di “impossibilità, da parte di una donna (in assenza di cause organiche e mediche che possano giustificare questa difficoltà) di provare l’orgasmo nonostante una stimolazione sessuale adeguata”, spiega il sessuologo. Anche in questo caso, “quando la persona non ha mai provato un orgasmo parliamo di anorgasmia primaria”. Si parla invece di anorgasmia secondaria “se la donna ha perso la capacità di provare l’orgasmo che aveva un tempo. Può manifestarsi occasionalmente, verificarsi solo in certe situazioni oppure presentarsi in maniera generalizzata, quando la donna non raggiunge l’orgasmo sempre, ovunque e con chiunque. Ci sono donne che con alcuni uomini lo provano con altri no, altre che lo provano solo stimolandosi direttamente il clitoride con la collaborazione attiva del proprio partner, altre che raggiungono l’orgasmo solamente attraverso autostimolazione senza il partner”, continua il Dr. Ronconi.
Le cause psicologiche
Anche nel caso dell’anorgasmia, le cause sono molteplici. Quelle invocate più spesso sono di ordine psicologico: educazione troppo severa, paura di perdere il controllo, difficoltà ad avere dei desideri… Può anche nascere da un problema di coppia o dal fatto che una persona non accetti la relazione sessuale: alcune donne, infatti, provano piacere nella masturbazione ma non raggiungono l’orgasmo quando fanno l’amore. Secondo il Dr. Ronconi, molti dei problemi psicologici sarebbero da imputare “alla difficoltà nelle fasi che precedono quella dell’orgasmo nella risposta sessuale femminile e alla diminuzione o l’assenza di desiderio. Fare l’amore in queste situazioni sembra essere poco appagante e indurre anche difficoltà di eccitamento/piacere (disturbo dell’eccitamento), entrambi fondamentali per raggiungere un orgasmo”.
Alcuni problemi ormonali o delle infezioni possono a loro volta essere la causa di un’anorgasmia.
Cos’è il vaginismo?
Spesso si tende a confondere le diverse problematiche. La frigidità, infatti, è associata anche al vaginismo, che in realtà è qualcosa di ben distinto. “Le donne affette da vaginismo non sono “frigide”: possono eccitarsi, ma solo in certe condizioni”, sottolinea il Dr. Ronconi. “Quando il vaginismo è causato da fattori psicologici e relazionali, in assenza di malattie particolari, la donna può rispondere bene almeno alla stimolazione dei genitali esterni, eccitandosi e potendo realizzare anche l’esperienza dell’orgasmo. Ma il problema si manifesta nell’impossibilità di realizzare un coito completo. Il vaginismo impedisce di fatto l’accoglimento in vagina non solo del pene ma anche di un dito di piccole dimensioni o di un assorbente interno”, continua lo specialista.
Disturbi sessuali femminili: quali sono le soluzioni?
“Il trattamento dopo una fase di valutazione implica diverse sedute individuali che aiutano la paziente a gestire o eliminare l'ansia legata alla situazione di cui si ha timore, poi completata da un percorso di coppia”, spiega il Dr. Ronconi.
Bisogna tenere conto del fatto che i disturbi sessuali femminili possono avere anche delle cause psicologiche che nulla hanno a che fare con la sessualità in senso stretto (depressione, sbalzi d’umore…), dipendere da problemi che riguardano la coppia in generale (liti, mancanza d’intesa…) ma anche da patologie fisiche. “La terapia psico-sessuologica viene proposta alla donna dopo che è stata realizzata una valutazione diagnostica molto accurata per escludere la causa organica. Quindi se non l’ha ancora fatto, è opportuno che la paziente si rivolga anche al suo ginecologo di fiducia”, precisa l’esperto.
Esclusi i problemi di natura fisiologica, entra in gioco lo psicoterapeuta. La sua terapia si basa “non sui farmaci”, ma sui comportamenti da mettere in atto a casa. “Gli esercizi e i compiti per casa possono essere diversi e ritagliati su misura nel rispetto delle differenze individuali di ciascuna donna, per motivi deontologici”, spiega il Dr. Ronconi, anche se i principi sono comuni: “conoscere bene il proprio corpo, la propria risposta sessuale, le proprie credenze ed aspettative circa l’esperienza del piacere. Sviluppare la capacità di rilassarsi nel corpo e anche nella mente, trovando e modificando i pensieri disturbanti. Riconoscere le immagini e le fantasie erotiche come possibili alleate per vivere più piacevolmente la sessualità. Imparare a giocare con il piacere attraverso il contatto con il proprio corpo. Ed infine, saper coinvolgere il partner nelle attività più intime di comunicazione degli affetti, scambio delle sensazioni e delle emozioni piacevoli”.
Il ruolo del partner
L’amore si fa in due. E anche i disturbi sessuali femminili non riguardano solo la donna. In molti i casi, il partner può esserne responsabile (almeno in parte), o comunque poter contribuire a risolverli. “In genere, aldilà della specificità della diagnosi, l’atteggiamento e la collaborazione del partner sono di fondamentale importanza per risolvere le problematiche”, nota il Dr. Ronconi. “L’accettazione e il riconoscimento delle proprie responsabilità (fisiologiche e relazionali) e limiti di vulnerabilità come partner, possono inizializzare un processo più profondo e duraturo: rinforzare l’identità e il legame di coppia nel rispetto delle rispettive differenze, come genere e come bisogni”, conclude lo specialista.
Non bisogna affidarsi ai luoghi comuni sulla frigidità: con la terapia giusta, in ambito psicologico o ginecologico, i disturbi sessuali femminili possono essere affrontati e risolti.
Ringraziamo il Dottor Andrea Ronconi, sessuologo e psicoterapeuta libero professionista a Milano, Riccione e Roma.
Sito internet: www.sessuologo-milano.it
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Autore: Charlotte Wirz