Come spiegare la mafia ai bambini? Prendendo spunto dalla serie di Pif

In onda dal 21 novembre su Raiuno, "La mafia uccide solo d’estate" di Pif si trasforma nella serie tv che indaga il passato di Salvatore, il bambino che insegna come spiegare la mafia ai bambini. 

"La mafia uccide solo d'estate": il film di Pif diventa una serie tv e offre uno spunto (anche) per spiegare la mafia ai bambini. © Rai.it

 

Con leggerezza e ironia, smitizzandoli, “loro che di umorismo ne hanno poco”, ecco come spiegare la mafia ai bambini secondo Pif che da lunedì 21 novembre, per sei puntate sarà la voce narrante del suo film - La mafia uccide solo d’estate - trasformato in serie tv su Raiuno, in prima serata. Un lusso - quello dell'ironia - che “oggi ci possiamo permettere grazie al coraggio di uomini come Peppino Impastato e Borsellino”, ci tiene a sottolineare.  

Mentre ne La paranza dei bambini (Feltrinelli), Roberto Saviano, racconta in un libro (il suo primo romanzo) un’infanzia avvolta e coinvolta dalla Camorra, ne La mafia uccide solo d’estate la protagonista è l’innocente e spiccata intelligenza di un bambino, Salvatore (Eduardo Buscetta), che in cerca di verità alza un velo sull’omertà siciliana rispetto alla Mafia. 

 

La mafia uccide solo d'estate: l'omertà

Siamo a Palermo, nel 1979. La famiglia Giammarresi è composta dal prudente, tranquillo e onesto papà Lorenzo (Claudio Gioè), impiegato all’anagrafe, dalla mamma Pia (Anna Foglietta), maestra d’asilo alla ricerca di un posto fisso dal carattere più esigente e nervoso, e dai loro figli: Salvatore e Angela (Angela Curri), una 16enne “spensierata, ingenua e vivace un vulcano di emozioni e sensazioni” come la descrive l’attrice. A differenza del fratello, “non si accorge di quello che le accade intorno”. 

Il fatto è che intorno le succede di tutto e solo la sensibilità dissacrante di Salvatore restituisce la giusta prospettiva a tutta la famiglia, convinta che la Mafia non sia affar loro, non li riguardi. Ignara, per esempio, che Fra Giacinto (Nino Frassica), il consigliere spirituale di famiglia, sia un uomo molto vicino a Cosa Nostra. “Una carogna, mascarpone, disgraziato - per dirla con le parole dell’attore - che però è diventato frate e siccome l’abito fa il monaco, molti si avvicinano a questo frate in realtà non sapendo cosa c’è sotto"

La parola ‘mafia’ - sottolinea a proposito Gioè in un’intervista a Vanity Fair - è stata pronunciata nel Parlamento per la prima volta nell’84, anche solo parlarne significava essere dei pazzi. La maggioranza dei palermitani era fatta da tanti Lorenzo Giammarresi, che dovevano scegliere se sopravvivere o rischiare”.

Claudio Gioè veste i panni di Lorenzo ne "La mafia uccide solo d'estate". © Rai.it

Un dilemma che lo attanaglia quando, per caso, incrocia l’auto dei killer di Cosa Nostra che uccidono il vicebrigadiere Filadelfio Aparo, stretto collaboratore di Boris Giuliano, il vicequestore di Palermo e, agli occhi del piccolo Salvatore che frequenta lo stesso bar, il consigliere sentimentale. “Mio papà aveva visto qualcosa, era un testimone: la cosa peggiore che ti poteva capitare a Palermo dopo la morte”, spiega la voce di Pif, restituendo l’angoscia di un uomo comune che si ritrova in quella situazione.

Sopratutto, in un clima come quello, dove a casa, come conferma lo stesso Gioè si parlava “poco e come di una cosa pericolosa, in cui non ci si doveva assolutamente immischiare” e tanto meno lo si faceva a scuola: “i bambini venivano tutelati, era impronunciabile per i grandi, si figuri per noi”. Per tutti le cose sono cambiate nel 1992, “con le bombe a Borsellino - spiega Gioè -. Avevo 16 anni, l’adolescenza è finita e abbiamo capito che era il momento di iniziare a lottare per estirpare la mafia anche a livello culturale”. Anche con una serie tv che, di questi tempi, porta nelle case la realtà, aiuta a capirla e, c’è da augurarsi, anche a spiegarla ai bambini.

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