Film porno: lecito in ufficio purché sia nella pausa pranzo

Guardare film porno in ufficio è lecito, purché la visione avvenga durante la pausa pranzo. Una sentenza della Cassazione ha annullato il licenziamento illegittimo di un operaio della Fiat.

Guardare film porno in ufficio è lecito purché succeda durante la pausa mensa.


Un film porno in ufficio? Perché no, purché la visione sia durante la pausa pranzo. A stabilirlo è la Cassazione che, con una sentenza, ha convalidato il licenziamento illegittimo di un operaio della Fiat di Termini Imerese che il 13 maggio 2008 era stato messo alla porta. Una scappatella che piace agli italiani - nella classifica annuale di Porn Hub l'Italia sta al settimo posto per video porno guardati - ma che, lì per lì, gli è costata cara.

I fatti: l’operaio in questione viene beccato ”dal personale addetto alla tutela del patrimonio aziendale”, “durante il turno di lavoro”, “in compagnia di alcuni colleghi di lavoro". Fin qui, niente di strano. Il fatto è che i superiori s’insospettiscono e decidono di scavare. Aprono il suo armadietto e ci ritrovano un pc e tre dvd porno. A questo punto optano per il provvedimento più severo e lo licenziano perché “avrebbe leso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro svolgendo attività estranea alla prestazione lavorativa consistenti nella visione di filmati a carattere pornografico".

Il 7 luglio 2010 il Tribunale di Termini Imerese dà la convalida ma il novembre dell’anno successivo la Corte di Palermo ribalta la sentenza e ne decretata l'illegittimità ordinando alla Fiat Group Automobiles di riprendere in azienda il dipendente con tanto di indennità pari alla retribuzione globale dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali. La Fiat non ci sta, ribadisce la giusta causa facendo notare che "andava considerata la condotta tenuta dal lavoratore che, per prevenire le verifiche aziendali, controllava a mo’ di vedetta la presenza di personale nelle vicinanze del locale" dove avveniva la visione.

Niente da fare, alla fine gli ermellini hanno confermato e sottoscritto l’illegittimità ricordando all’azienda che gli elementi raccolti contro il lavoratore non erano "sufficienti a fondare la certezza che durante l'orario di lavoro il dipendente si fosse dedicato alla visione dei filmati potendo, tutt'al più, alimentare il sospetto che ciò possa essere avvenuto che però non è idoneo a ritenere provato l'addebito". Tanto più alla luce del fatto che "le asserite ammissioni del dipendente restavano circoscritte al fatto di avere visto lo scorcio di un filmato" a luci rosse "durante la pausa mensa. Circostanza - annota ancora la Cassazione - certamente diversa dall'aver impiegato l'orario lavorativo in attività diverse dalla prestazione". 

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