Berlusconi-Lario e l'assegno mensile di un milione e 400mila euro al mese

Silvio Berlusconi dovrà versare un assegno mensile di un milione e 400mila euro al mese all'ex moglie Veronica Lario. Il Tribunale di Monza ha confermato la cifra proposta dal giudice Anna Maria di Oreste. Veronica aveva chiesto 3 milioni ma l'ex premier gliene darà meno della metà. 

Veronica Lario e Silvio Berlusconi si sono sposati nel dicembre 1990: l'addio dopo le vicende di Noemi Letizia, nella primavera 2009.


Veronica aveva chiesto tre milioni, il tribunale di Monza ha deciso che Silvio dovrà versargliene poco meno della metà: un milione e 400 mila. Al mese, s’intende. Gli ex coniugi in causa sono Veronica Lario e Silvio Berlusconi, ovvero, l’ex first lady e l’ex Cavaliere, l’ex premier, l’ex marito. Niente di nuovo sotto il sole: la cifra corrisponde a quella indicata ai tempi dal giudice Anna Maria di Oreste durante la cosiddetta udienza presidenziale (quella a cui partecipano anche i coniugi) della causa di divorzio. 

Si chiude così il capitolo economico a sei zeri che era rimasto aperto all’indomani del febbraio del 2014, quando, quello stesso Tribunale che aveva sciolto il matrimonio, non era riuscito a trovare un accordo: i tentativi di mettere d’accordo la Lario, al secolo Miriam Bartolini - che in sede di separazione si era vista riconoscere 3 milioni e mezzo di alimenti -, e l'ex capo del governo erano franati uno dopo l’altro, compresa la richiesta dell'ex first lady di ricevere a titolo di “buona uscita” una cifra forfetaria di circa mezzo miliardo di euro. Il provvedimento dei giudici della sezione Famiglia del tribunale, appena notificato alle parti, è stato calcolato sul patrimonio di Berlusconi. 

Una cifra più che dimezzata rispetto ai 36 milioni all'anno - 100mila euro al giorno - che il tribunale di Milano aveva avanzato con l'addebito "per colpa" al marito - poi decaduto - per assicurare alla ex first lady - che avrebbe rinunciato alla villa Belvedere di Macherio - un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio. Una richiesta che aveva mandato in escandescenza Berlusconi che aveva apostrofato i tre giudici donna "femministe e comuniste" con le ben note polemiche e reazioni indignate dei vertici degli uffici giudiziari di Milano.

Smorzati i toni, l’ex Cavaliere - che nel frattempo aveva regalato un bell’anello di fidanzamento a Francesca Pascale ed era passato attraverso i bunga bunga party -, non si è dato per vinto e ha affidato ai suoi legali il provvedimento di primo grado che, ritenendo troppo onerose le prescrizioni disposte, hanno impugnato la sentenza e richiesto la sospensione d'urgenza del maxi versamento degli alimenti. Era l’aprile 2013, la Corte d’Appello, respinse la richiesta di sospensione ma aggiornò l’udienza all’inizio dell’anno successivo. Di rinvio in rinvio si è arrivati ad oggi, alla sentenza del tribunale di Monza che gli ha dato ragione, mettendo (forse) la parola fine a diciannove anni di matrimonio e i restanti di liti, tra lettere aperte, scuse e panni sporchi sbatttuti in prima pagina. 

Era il dicembre del 1990 quando l'allora sindaco Psi di Milano, Paolo Pillitteri, sposò una giovanissima Veronica e un promettente Silvio dopo la nascita dei figli Barbara, Eleonora e Luigi. La loro sembrava una favola dei tempi moderni: Cupido aveva scoccato la freccia nei primi anni Ottanta, tra le pareti di un piccolo camerino del teatro Manzoni, a Milano. Lei recitava a seno nudo Il magnifico cornuto di Fernand Crommelynck, con la compagnia di Enrico Maria Salerno. Lui era ancora sposato con Carla dall'Oglio, Marina e Piersilvio, i loro due figli, erano ancora bambini. 

I primi tempi sono da innamorati clandestini, i due si riconoscono uno nell’altra: tutti e due usciti dal guscio della mediocrità con la gavetta, belli, pieni di sogni e pure di soldi. Facevano viaggi sul jet privato, compravano ville da sogno, sfoggiavano gioielli da regina. Poi, nel 1995, quando delle varie Noemi, Ruby, Patrizia e delle orge, non c’era ancora traccia, si apre la prima crepa: a Roma gira voce che il Cavaliere spedisce ogni giorno grandi mazzi di rose rosse a una destinataria sconosciuta. “Certo, sono fiori per mia moglie!”, esclama lui. Ventiquattro ore dopo, da Macherio, arriva una precisazione lapidaria, a mezzo stampa: “La signora Lario comunica di non aver mai ricevuto alcun mazzo di rose rosse da Palazzo Chigi”. 

Passeranno ancora molti anni prima della famosa lettera inviata da Veronica a Repubblica il 31 gennaio 2007, dopo le uscite del Cavaliere su Mara Carfagna al Galà dei Telegatti ("la sposerei subito"): "Affermazioni lesive della mia dignità” scrive pretendendo dal marito pubbliche scuse. Che arrivarono, pubbliche: "La tua dignità non c'entra, la custodisco come un bene prezioso nel mio cuore anche quando dalla mia bocca esce la battuta spensierata, il riferimento galante, la bagattella di un momento". Lo strappo sembrò ricucito. 

Ma si sa che le toppe, a volte, son peggio dei buchi. Passano due anni e la mattina di martedì 28 aprile 2009. Veronica legge l'articolo di Repubblica che svela come nella notte il premier si sia presentato a sorpresa in una villetta di Casoria, dove si celebravano i 18 anni di Noemi Letizia, una ragazzina che chiama suo marito “papi” e “papino”. Il vaso è colmo, prende carta e penna e scrive proprio a Repubblica: parla di figure di "vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà" e di "ciarpame senza pudore”. Il resto, da Ruby alle Olgettina, è cronaca giudiziaria e politica, non più affar suo. Di quell’unione durata quasi vent’anni, ora resta un assegno da un milione e 400mila euro al mese.

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