Cognome della madre al figlio: la Consulta dà il via libera 

Grazie alla sentenza dei giudici della Corte Costituzionale anche in Italia è possibile aggiungere il cognome materno: la giurisprudenza ha sorpassato l'impasse del Parlamento.  

Grazie al ricorso di una coppia di Genova, il doppio cognome diventa realtà anche in Italia. © maximkabb/123RF

 

La Consulta ha detto “sì” al cognome della madre al figlio sbloccando così quell’impasse politico in cui si era incastrato il "retaggio di una concezione patriarcale della famiglia", per usare l’espressione della stessa Corte già chiamata a pronunciarsi in merito nel 2006. Perché sebbene il 24 settembre 2014 la Camera abolì l’obbligo, la legge (che l’Italia aspettava da 37 anni, quando per la prima volta la proposta approdò in Parlamento) finì in uno dei cassetti della Commissione giustizia al Senato e lì fu dimenticata. Solo dalla politica, però, visto che in Italia, da allora sono oltre 10mila gli italiani che hanno fatto richiesta e che dall’8 novembre 2016, finalmente, hanno ottenuto una risposta.

Ad attivare la giurisprudenza che ha dato una svolta epocale alla politica (bacchettata anche dalla Corte di Strasburgo nel 2014) è stata una coppia di Genova. Lui è un avvocato, lei una donna brasiliana: nel 2012 hanno fatto ricorso e 4 anni dopo hanno vinto. “Siamo raggianti - dichiarano -. Non solo per nostro figlio ma anche per tutti i bimbi che d’ora in poi potranno beneficiare di questa sentenza”. Tanto più perché finalmente si “abbatte una delle ultime barriere che mantengono ancora il concetto di superiorità dell’uomo sulla donna nel nostro ordinamento”. 

A questo punto impedire di dare ai propri figli il doppio cognome è incostituzionale. Per sapere come mai la Corte ha accordato il via libera (nel passato negato per due volte) bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza. Nel frattempo, la palla passa al Parlamento che ora e senza più scusanti, dovrà legiferare in merito, “per dare nuova civiltà al nostro ordinamento”, come ha sottolineato Monica Cirinnà, della Commissione Giustizia al Senato.

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